di Marco Tomatti
Vuoi espanderti all’estero? C’è un socio per te. Un azionista di minoranza, anche ampia, stabile, istituzionale, sicuro, che ti affianca senza troppe pretese. Non si attende capital gain ma si accontenta di un “compenso” che corrisponde a un interesse contenuto. E al massimo dopo otto anni si riprende il capitale e se ne va, amici come prima. Il tempo giusto perché l’iniziativa estera di partenza, una nuova fabbrica o l’acquisizione di un concorrente, cammini con le sue gambe, diventi profittevole e la casa madre possa rimborsare il partner.
Se si potesse sintetizzare con espressioni colloquiali il discorso che fa Marco Rosati, head of Equity origination di Simest, quando incontra le imprese con ambizioni internazionali, il senso sarebbe questo. Certo, il dialogo tecnico è molto più preciso e ufficiale quando si tratta di allestire operazioni con fondi pubblici che possono sostenere la crescita nei mercati esteri del made in Italy, ma capita spesso che Rosati sia impegnato a promuovere uno strumento ancora poco conosciuto, nonostante la Simest, società del gruppo Cdp, Cassa depositi e prestiti, abbia in portafoglio circa 230 partecipazioni per un investimento complessivo di 730 milioni di euro. «Abbiamo ancora molte risorse e stiamo lavorando per avvicinarci alle imprese nel loro territorio», spiega Rosati, che conterà sempre più su uffici decentrati rispetto alla sede centrale di Roma, dopo l’apertura dei punti di Milano e Bologna. E che preferisce gli incontri diretti con i suoi potenziali interlocutori, come è previsto per il workshop di Treviso su “Internazionalizzazione come driver fondamentale per la crescita aziendale: processi e strumenti pubblici disponibili”, in programma per giovedì 20 ottobre al Forum.
Tra i diversi strumenti di Simest, quello del prestito partecipativo sembra fatto apposta per le pmi intenzionate a crescere per linee esterne in nuovi mercati. «Possiamo diventare partner azionari delle nuove società costituite all’estero da imprese italiane fino al 49% del capitale con un impegno finanziario fino a 15 milioni di euro, ma la media è di 3 milioni», sintetizza Rosati. “Stiamo rendendo le procedure sempre più snelle, anche di poche settimane se non ci sono vincoli autorizzativi particolari legati alle norme dei Paesi di insediamento».
Ma che tipo di socio è Simest? «Non chiediamo posti nel consiglio di amministrazione né influiamo sulla gestione, non poniamo particolari condizioni e neppure ci aspettiamo dividendi o riparti degli utili», assicura: «In cambio riceviamo un interesse contenuto, con uno spread dell’1%, sull’investimento, interesse versato dalla casa madre con la quale è stabilito l’accordo contrattuale. E la restituzione del capitale entro otto anni». C’è un altro vantaggio che può incoraggiare gli imprenditori restii ad aprire il capitale all’esterno della famiglia: la partecipazione non concorre a utilizzare il plafond dei finanziamenti bancari né viene calcolata nella centrale rischi della Banca d’Italia.
Non solo. La collaborazione con Simest consente anche di ricorrere ad altre forme integrative di finanziamenti agevolati (la società del gruppo Cdp approva circa 2 mila operazioni all’anno). E per i Paesi extra-Ue ci sono contributi a fondo perduto sugli interessi dei finanziamenti bancari che possono sostituire l’impegno diretto della casa madre.
Infine, in certi mercati, c’è la possibilità di fare rete e condividere informazioni e opportunità tra le aziende finanziate da Simest.