È stato alla guida del più grande gruppo industriale indiano, controllato da membri dei vari rami della famiglia fin dalla fondazione, come azienda tessile nel 1868, per poco più di ventennio. Un periodo che ha consentito a Ratan Naval Tata di diventare uno degli imprenditori più influenti nel mondo dopo la scelta di Nehru di aprire il Paese a una economia capitalista. Tata è morto in India, a 86 anni, all’ospedale Breach Candy di Mumbai, dove era ricoverato ufficialmente per dei test clinici. Il presidente della holding del gruppo, Tata Sons, Natarajan Chandrasekaran, ha definito Ratan Tata «un leader davvero unico, il cui immenso contributo ha plasmato non solo il Gruppo Tata, ma la struttura stessa della nostra nazione». Il governo del Maharashtra ha deciso di onorare l’industriale con funerali di Stato. Il premier Narendra Modi, ha definito il magnate che ha trasformato il Gruppo Tata in una potenza economica globale definendolo, in un post su X «un leader visionario, un’anima compassionevole e un essere umano straordinario».
Cresciuto dalla nonna dopo il divorzio dei genitori, Naval e Sooni Tata, quando aveva 10 anni. Il padre era stato adottato nel ramo principale dei Tata a 13 anni dalla nuora di Jamsetji Tata, fondatore del gruppo Tata. Dopo la laurea in architettura a Cornell, negli Stati Uniti, Tata voleva stabilirsi in California, ma per la cattiva salute della nonna tornò in India, rispondendo a un’offerta di lavoro dell’Ibm. Poi il presidente di Tata Sons dei tempi, Jehangir Ratanji Dadabhoy Tata, noto come JRD, lo chiamò nel gruppo nel 1962 con una carriera che lo portò alla presidenza dal 1991 al 2012.
Di origine parsi e di religione zoroastriana (non si era mai sposato), ha sempre mantenuto un profilo basso, con l’eccezione costituita dalla passione per il volo: pilotava talvolta l’aereo aziendale e nel 2011 si è rivelato ‘top gun’ pilotando un F18 Super Hornet nei cieli di Bangalore. Da dieci anni si dedicava totalmente alla filantropia (promossa attraverso i Tata Trusts, dalle scuole al prestigioso Istituto Tata), al sostegno di start-up e aveva lasciato la guida di un gruppo il cui controllo, attraverso la holding Tata Sons, per due terzi affidato a fondazioni.
L’eredità è un impero attivo in otto principali settori: comunicazioni e tecnologie dell’informazione, engineering, automobile, materiali, servizi, energia, prodotti di consumo e chimica. In tutto 165 miliardi di dollari di fatturato. Alcune delle principali compagnie del gruppo sono: Tata Steel, Tata Motors, Tata Consultancy Services (Tcs), Tata Power, Tata Chemicals, Tata Global Beverages, Tata Teleservices, Titan Industries, Tata Communications e Taj Hotels (la prima catena di alberghi di lusso indiana con il Taj Mahal Palace & Tower nata nel 1902). Tra gli accordi industriali, quello con la Fiat per una joint-venture in India. Tra le acquisizioni, le acciaierie Chorus (7,6 miliardi di dollari) e il gruppo Jaguar-Land Rover (2,6 miliardi di dollari). Quella dell’auto è stata una delle passioni di Ratan Tata, con la motorizzazione di massa e la sfida di costruire l’auto piu’ economica del mondo, la Nano, offerta sul mercato (che però non ha risposto alle apsettative), ad appena 1.700 euro. Tra l’altro, il gruppo possiede la low cost di lusso Vistara e Air India, l’ex compagnia di bandiera recentemente riacquisita.