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L'INAUGRUAZIONE DELL'ANNO ACCADEMICO

Sironi (Bocconi): La crisi internazionale per la prima volta mette in pericolo la libertà accademica

La politica degli Stati Uniti rappresenta un'opportunità per l’Europa, che dovrebbe favorire il rientro dei ricercatori
News
Pubblicato il 12 Set alle 06:36

Pubblichiamo il saluto introduttivo di Andrea Sironi, presidente dell’Università Bocconi, all’inaugurazione dell’anno accademico 2025-2026, il 124esimo dalla fondazione.

Lo scenario internazionale con cui ci confrontiamo presenta nuove complessità e sfide in
larga parte inedite per le università europee. Per un lungo periodo di tempo, la spinta
propulsiva della globalizzazione e dell’innovazione tecnologica ha garantito alla formazione
terziaria un contesto internazionale relativamente stabile, quasi prevedibile nelle sue
principali linee evolutive, caratterizzate dallo sviluppo della mobilità internazionale di
studenti e studentesse, ricercatori e ricercatrici, da crescenti scambi e collaborazioni tra
università di tutto il mondo e da un clima positivo nei confronti del mondo accademico.
Oggi, la polarizzazione e la frammentazione geopolitica, le quali hanno sostituito
l’antagonismo alla cooperazione, hanno impatti importanti anche sulle università,
soprattutto nel loro grado di apertura internazionale.
Anche per il mondo accademico vale, infatti, il concetto di interdipendenza strategica. Le
università fanno parte di network globali, nei quali lo scambio di talenti e di nuove idee sono
continui. Sono sistemi allargati a una pluralità di portatori di interesse, che non si
esauriscono ai confini nazionali: gli studenti e le loro famiglie, la faculty e lo staff
amministrativo, le comunità dei ricercatori, gli alumni e le alumnae, le donatrici e i donatori,
gli employer, le imprese che finanziano la ricerca, le istituzioni con le quali si rapportano,
solo per citarne alcuni. L’accoglienza di studentesse e studenti stranieri, gli scambi con
scuole partner, l’accesso a finanziamenti internazionali per la ricerca o a dati transnazionali
possono essere fortemente condizionati da cambiamenti politici o normativi in un
determinato Paese, con effetti immediati sulle opzioni strategiche a disposizione di
un’università.
Se le relazioni internazionali vengono ridisegnate secondo logiche conflittuali e volatili,
crescono l’incertezza geopolitica e i rischi connessi a quest’ultima. L’esempio più chiaro è il
commercio internazionale, la cui deriva geopolitica è diventata evidente negli ultimi mesi,
con conseguenze sulle relazioni economiche tra Paesi ancora da valutare.
L’Unione europea fatica ad adattarsi alla muscolarità del nuovo contesto, poiché nasce e si
sviluppa su premesse antitetiche rispetto alla forza bruta. L’enzima alla base dell’Unione
europea è, infatti, la fiducia reciproca tra gli Stati membri, sul piano politico ed economico,
che poggia su un sistema di valori e regole condivise.
E proprio i valori europei definiscono, in questo momento storico, i tratti delle democrazie
liberali: libertà, democrazia, uguaglianza, stato di diritto, diritti umani. Fra le libertà non
citate esplicitamente dal Trattato, ma certamente coerente con i valori dell’Unione, come
emerge anche dal recente rapporto sul mercato unico di Enrico Letta, vi è la libertà
accademica. Secondo alcuni (Michael Ignatieff) la «libertà accademica è diventata uno
spartiacque nella competizione geo-strategica tra democrazie liberali e regimi autoritari». Di
sicuro la libertà accademica (ossia il diritto di studenti e docenti di perseguire la
conoscenza, la ricerca e l’insegnamento senza interferenze o forme di censura esterne) e
con essa l’autonomia e l’indipendenza delle università, hanno di recente subito attacchi
diretti, anche in Paesi insospettabili.

Le misure punitive negli Stati Uniti

Non si tratta di critiche al sistema universitario, che sarebbero naturalmente più che
legittime, ma di vere e proprie misure punitive: tagli ai finanziamenti alla ricerca scientifica,
interruzione dei finanziamenti a programmi governativi, licenziamento di migliaia di
impiegati di agenzie pubbliche, inclusi scienziati, provvedimenti restrittivi sui visti per gli
studenti internazionali, fino a casi di interferenze nei programmi di insegnamento, nella
governance degli atenei o fermi e arresti di studenti e docenti considerati nemici.
Misure di questo tipo, contro la scienza e la libertà accademica, che assumono il carattere di
un attacco politico al sistema pluralistico e all’ordine liberal-democratico, vengono
giustificate, nel caso recente degli Stati Uniti, da un lato per rimediare agli eccessi della
cultura woke, tollerati dai grandi atenei americani, dall’altro per combattere presunti atti di
antisemitismo, già efficacemente contrastati dagli atenei oggetto di attacchi.
Queste misure hanno generato incertezza e in alcuni casi perfino paura nel mondo
accademico, spingendo numerosi studenti, ricercatori e scienziati a considerare di emigrare
verso altri Paesi. Una recente indagine condotta dalla rivista Nature su un campione di 1.600
ricercatori statunitensi ha mostrato come il 75% di loro considera seriamente l’ipotesi di
emigrare dagli Stati Uniti, in particolare verso Canada ed Europa. Questa tendenza è
particolarmente pronunciata fra gli scienziati più giovani, ancora all’inizio della propria
carriera.

Rischio autocensura

Per quanto desolante, questo scenario rappresenta un’evidente opportunità per l’Europa, la
quale può favorire, almeno in parte, il rientro dei ricercatori e delle ricercatrici, invertendo
così quel brain drain che per decenni ha caratterizzato il rapporto fra i due continenti e ha
visto migliaia di giovani formati nelle università europee migrare verso gli Stati Uniti. Una
risposta coordinata a livello europeo, sostenuta da un importante impegno economico,
sarebbe più efficace e capace di segnalare la determinazione dell’Europa circa il valore che
l’Unione attribuisce alla scienza e alla libertà accademica. L’iniziativa “Choose Europe” è
certamente un passo nella giusta direzione, che va sostenuto e potenziato.
Indebolire la libertà accademica e limitare l’indipendenza delle università significa
comprometterne le missioni essenziali: la ricerca, l’insegnamento e la capacità di contribuire
al progresso della società. Anche senza arrivare a misure drastiche, come il taglio dei fondi,
quali effetti si producono sulla ricerca accademica, se i ricercatori si auto-censurano per
evitare tematiche controverse? Come insegnare agli studenti il pensiero critico se
l’università non è la casa del pluralismo e del confronto nella massima diversità di idee e di
opinioni? Come osservato da Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, «È solo
quando gli accademici e i ricercatori sono liberi di perseguire i propri progetti che il risultato
del loro lavoro è veramente rivoluzionario e innovativo. Senza libertà accademica, neghiamo
il progresso sociale per l’umanità».
Noi tutti siamo consapevoli del valore inestimabile dell’indipendenza della nostra
Università. Valore che, come il nostro consiglio di amministrazione ci ricorda, dobbiamo
tutelare con una gestione attenta e prudente, ma non pavida. Perché l’indipendenza
intellettuale non può prescindere dall’indipendenza da qualsiasi potere economico e politico,
ma rimane fine a sé stessa senza la capacità di sfidare le consuetudini, di innovare e
migliorare nel continuo.

La Bocconi è un’università libera, indipendente, orgogliosamente italiana ed europea.
Il processo di integrazione europea sta soffrendo, dominato dagli interessi nazionali, proprio
nel momento in cui le sfide globali (sicurezza e difesa, cambiamento climatico,
rivoluzione dell’intelligenza artificiale) richiederebbero un’Unione europea più forte e coesa.
Tra le istituzioni artefici del processo di integrazione europea, la Banca europea per gli
Investimenti occupa un ruolo centrale, poiché finanzia i progetti più rilevanti che
contribuiscono a realizzare gli obiettivi dell’Unione, per accrescere le potenzialità dell’Europa
in termini di occupazione e crescita, sostenere le iniziative volte a mitigare i cambiamenti
climatici e promuovere le politiche dell’Unione al di fuori dei propri confini.
Siamo pertanto onorati di ospitare oggi, come nostra keynote speaker, la presidente della
Banca Europea per gli Investimenti, Nadia Calviño.

Andrea Sironi

 

Andrea Sironi, presidente dell’Università Bocconi. Nella foto in alto, un momento dell’inaugurazione dell’anno accademico 2025-2026 dell’ateneo a Milano

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