di Maria Elena Viggiano

«Gli aspetti geopolitici sono diventati molto importanti e sono sempre più rilevanti per pianificare lo sviluppo della propria azienda. Inoltre gli equilibri tendono a cambiare velocemente».Ad affermarlo è Gianmarco Ottaviano, docente di Economia politica all’Università Bocconi, che nel libro “Riglobalizzazione. Dall’interdipendenza tra Paesi a nuove coalizioni economiche”, edito da Egea, prospetta un nuovo ordine mondiale dove la globalizzazione non sarà più la stessa.

«Il dibattito si è polarizzato su globalizzazione e de-globalizzazione”, sottolinea Ottaviano, “ma in realtà c’è poco interesse da parte dei Paesi a chiudersi e tornare indietro mentre c’è la volontà di gestire gli aspetti problematici». La globalizzazione, cioè l’aumento senza precedenti degli scambi di merci e capitali tra Paesi, è cominciata dopo la Seconda Guerra mondiale. Con il passare del tempo c’è stata una progressiva apertura degli scambi internazionali dove «i Paesi hanno deciso di fare affari con tutti» e di utilizzare le sanzioni in sostituzione o a sostegno di azioni militari.

L’evoluzione della globalizzazione è andata di pari passo con la crescente centralità di Paesi come la Cina la cui economia ha registrato tassi di crescita a due cifre per decenni innescando anche una guerra commerciale tra Pechino e Washington ancora in corso. «Con l’ascesa economica e militare della Cina l’Occidente, in particolar modo gli Stati Uniti, ha adottato un atteggiamento di allontanamento con una conseguente implicazione: i Paesi alleati erano chiamati a rafforzare la loro alleanza». Ma le cose, in equilibri così delicati, non sono sempre così nette. Infatti «l’Europa, pur essendo alleata con gli Stati Uniti, sta cercando di trovare una sua strada». Magari di maggiore indipendenza. Certo non è possibile fare accordi con «Siria, Iran, Corea del Nord che sono sulla lista nera e hanno un atteggiamento di sfida rispetto alle regole di buon vicinato» ma ci sono «Paesi non schierati che rimangono più neutrali e decidono di volta in volta in base a situazioni e problemi specifici. Questi rimangono dei partner commerciali affidabili».

Dunque la tendenza sarà quella di una «riglobalizzazione selettiva» dove si continueranno a fare affari e scambi commerciali con l’estero ma prendendo in considerazione la stabilità e i rischi politici prima ritenuti poco importanti. È il cosiddetto friend-shoring, preso in considerazione soprattutto dall’amministrazione americana guidata da Joe Biden, che consiste nell’approfondire le relazioni e diversificare le catene di approvvigionamento con partner fidati per ridurre i rischi economici. Questa nuova visione è frutto anche di «una serie di shock globali che si sono verificati da inizio secolo, a partire dall’ingresso della Cina nel 2001 nell’Organizzazione mondiale del commercio che ha creato la possibilità della sua ascesa sul mercato mondiale. E poi l’attacco alle Torri Gemelle, la crisi finanziaria del 2008 e la crisi del debito sovrano nel 2011, la guerra commerciale di Trump contro la Cina nel 2018, la pandemia, la guerra in Ucraina e ora di nuovo la crisi delle banche». Insomma, una serie di scossoni a livello globale in tempi relativamente brevi e ravvicinati a evidenziare che gli equilibri globali cambiano molto più velocemente rispetto al passato. E che hanno dato anche la possibilità a nuovi Paesi emergenti come l’India di affacciarsi sulla scena globale.

 

E qual è il ruolo dell’Italia in questo contesto? «In occasione del G20 in India, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha riaffermato l’importanza dell’Indo-Pacifico per l’Italia. È un’area molto importante con prospettive di crescita nei prossimi anni grazie a una serie di accordi commerciali che si stanno sviluppando. Inoltre sono paesi con popolazioni molto giovani, aree dinamiche con il desiderio di una propria autonomia. Possono diventare interlocutori diretti». Nuovi equilibri potrebbero quindi determinare maggiore indipendenza dal binomio Cina-Stati Uniti,da qui la necessità di Pechino di avere «un maggiore controllo su Taiwan». Dunque anche le imprese devono essere molto attente e informate riguardo agli scenari che si vanno configurando per poter meglio indirizzare il loro business. «Non ci sono stati in precedenza interventi di tale rilievo dei nostri politici sull’importanza strategica e commerciale dell’Indo-Pacifico”, conclude Ottaviano: “è un segnale molto forte da osservare con attenzione».

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