di Maria Elena Viggiano
L’ultima, in termini di tempo, è stata Brembo. Il colosso italiano dei freni, guidato da Matteo Tiraboschi e controllato dalla famiglia Bombassei, lo scorso giugno ha annunciato il trasferimento della sede legale nei Paesi Bassi ed entro fine anno, salvo imprevisti, adotterà la forma giuridica di società per azioni a responsabilità limitata NV (naamloze vennootschap) regolata dalla legge olandese. Le azioni continueranno a essere quotate a Piazza Affari ma il meccanismo di voto maggioritario permetterà di favorire la stabilità dei soci e le operazioni di M&A. «La dimensione è un elemento sempre più importante», ha dichiarato Tiraboschi annunciando l’operazione ma, nello stesso tempo ha ribadito che «Brembo è e continuerà a essere un’azienda italiana». Il principale motivo dell’attrattività dell’Olanda è la possibilità del voto maggioritario che consente agli azionisti di lunga data di moltiplicare i diritti di voto e, di conseguenza, non perdere il controllo della società.
Un percorso intrapreso in passato da altre realtà imprenditoriali che già vedono i primi frutti. Campari, leader negli spirits, nel 2020 aveva spostato la sede legale nei Paesi Bassi per poi annunciare, pochi giorni fa, la conversione delle Azioni a Voto Speciale A in Azioni a Voto Speciale B e consentire così agli azionisti loyal da almeno un quinquennio di aumentare il numero di diritti di voto da 2 a 5. In questo modo Lagfin, la holding di diritto lussemburghese con cui la famiglia Garavoglia controlla il gruppo Campari, ha aumentato i propri diritti di voto passando dal 68,6% all’84%. Ciò si configura nell’ambito di una strategia di crescita di lungo periodo (vedere altro articolo tra le news). Alla notizia del trasferimento, Bob Kunze-Concewitz, ceo di Campari, sottolineò: «Con il trasferimento della sola sede legale che non contempla alcun cambiamento riguardo a organizzazione, gestione e operatività aziendale, e soprattutto prevede che la residenza fiscale del gruppo sia mantenuta in Italia, perseguiamo l’obiettivo chiave di potenziamento del sistema di voto maggiorato a beneficio degli azionisti di lungo termine, dunque l’adozione di una struttura flessibile del capitale che possa ulteriormente supportarci nel perseguire opportunità di crescita anche per acquisizioni di dimensioni rilevanti».
L’elenco delle holding o partecipate di gruppi pubblici e privati che hanno trasferito la propria sede legale ad Amsterdam è lungo: Mediaset, FCA, Cementir, Eni, Enel, Exor, Ferrero, Prysmian, Saipem, Telecom Italia, Illy e Luxottica. A queste si aggiungono quelle straniere: Abbott Laboratories, Cisco Systems, Heinz, Bosch, Danone, Siemens, Daewoo, Fujifilm, Giant, Hitachi, Huawei, LG Electronics, Samsung, Saudi Aramco, eBay e Uber. Solo per citarne alcune. Qual è il motivo? Non solo le tasse sono più basse rispetto ad altri Paesi europei ma anche il diritto societario nel suo complesso è estremamente semplificato. Inoltre, pur non essendoci ancora evidenze scientifiche, la spinta principale sembra appunto rappresentata dal fatto che i Paesi Bassi riconoscano agli azionisti di maggioranza il diritto di voto plurimo favorendo un controllo importante sull’azienda e sulle operazioni di fusione e acquisizione.
Secondo il recente studio «Così non fan tutte. An analysis of Italian companies moving abroad» realizzato dal Centro di ricerche finanziarie sulla corporate governance (FIN-GOV) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con Assogestioni, c’è però una forte differenza tra le società italiane e quelle europee che si trasferiscono in Olanda. Le società italiane fanno un uso massiccio di azioni a voto multiplo associate a meccanismi di loyalty che incrementano progressivamente la presa dell’azionista di controllo al contrario delle altre società estere che non usano questi strumenti ma meccanismi più simili a quelle olandesi, per esempio prevedono maggioranze qualificate per nominare o rimuovere candidati alternativi a quelli del Cda uscente.
Dunque la motivazione principale è il forum shopping, un termine finanziario che indica il trasferimento di una società in un altro Paese per la ricerca di un ecosistema legale più favorevole anche se rimane aperto il dibattito sullo scopo di tali spostamenti. Se prima la decisione di delocalizzare veniva presa soprattutto per vantaggi fiscali, attualmente la spinta sembra legata a un rafforzamento dei sistemi di governance. Incrementare il potere e la posizione dei soci di controllo viene infatti considerato un vantaggio per la stabilità dell’azienda mitigando le difficoltà che possono nascere quando avviene la separazione tra management e proprietà. Nello stesso tempo, è un modo per scoraggiare gli azionisti a breve termine o, peggio ancora, gli speculatori che non sono interessati alla longevità dell’azienda.
Dunque la motivazione principale è il forum shopping, un termine finanziario che indica il trasferimento di una società in un altro Paese per la ricerca di un ecosistema legale più favorevole anche se rimane aperto il dibattito sullo scopo di tali spostamenti. Se prima la decisione di delocalizzare veniva presa soprattutto per vantaggi fiscali, attualmente la spinta sembra legata a un rafforzamento dei sistemi di governance. Incrementare il potere e la posizione dei soci di controllo viene infatti considerato un vantaggio per la stabilità dell’azienda mitigando le difficoltà che possono nascere quando avviene la separazione tra management e proprietà. Nello stesso tempo, è un modo per scoraggiare gli azionisti a breve termine o, peggio ancora, gli speculatori che non sono interessati alla longevità dell’azienda.
Il crescente fenomeno di realtà imprenditoriali che si trasferiscono all’estero pone poi l’accento sulla competitività della Borsa italiana e sulla necessità di rafforzare il mercato finanziario. Secondo lo studio, l’aumento dei trasferimenti e delle Ipo all’estero riguarda gli ultimi anni, il 93% dei trasferimenti e il 76% delle Ipo sono avvenute dopo il 2010. In termini assoluti, il fenomeno di Ipo di aziende italiane all’estero e di raccolta dei capitali è ancora limitato ma da tenere sotto controllo poiché l’Italia è il paese europeo che mostra il maggiore deflusso di imprese.