di Maria Elena Viggiano
Un piano investimenti di 38 milioni di euro, per più di un quinto dedicati a interventi Esg, cioè Environmental, Social e Governance, una filosofia di gestione che sta caratterizzando le aziende responsabili. È il programma per il 2023 che «traduce in azioni concrete i principi rappresentativi della nostra azienda», dichiara Antonio Ferraioli, ceo del gruppo La Doria. Leader nella produzione di derivati del pomodoro, sughi, legumi e succhi di frutta per i marchi della grande distribuzione, l’azienda è controllata dal fondo Investindustrial e partecipata da alcuni membri della famiglia Ferraioli, che l’aveva fondata nel 1954 e che continua a gestire. Un caso virtuoso di combinazione tra una compagine familiare e capitali per lo sviluppo. L’azienda, che oggi ha sede a Parma, nella Food valley, è nata ad Angri, nella provincia di Salerno, un’area caratterizzata dalla coltivazione del pomodoro, in particolare San Marzano. Oggi il gruppo opera prevalentemente per la produzione delle private label, i marchi commerciali dei grandi retailer in Italia e all’estero da cui proviene circa il 97% del ricavato.
Con un fatturato di 866 milioni di euro nel 2021, l’azienda ha quindi deciso di dedicare un’ampia fetta degli investimenti previsti ad attività Esg (uno dei temi al centro del Family business forum di Treviso) che possano avere un importante impatto ambientale, «confermando così il nostro impegno nella transizione energetica che ha sempre fatto parte del Dna dell’azienda, orientata alla sostenibilità ambientale, all’efficienza produttiva e all’innovazione». Gli interventi dovrebbero favorire una riduzione delle emissioni annue di 1.000 tonnellate di anidride carbonica (Co2).
Il gruppo ha identificato due tipologie di interventi finalizzati rispettivamente a ridurre le emissioni generate dall’azienda (Scope1) e quelle generate indirettamente da consumo energetico (Scope2). Per ridurre l’utilizzo di gas combustibile, la Doria ha deciso di installare generatori e caldaie ad alta efficienza energetica presso gli stabilimenti di Lavello e Fisciano, sempre nel Salernitano. I nuovi generatori porteranno a una riduzione delle emissioni pari a circa 600 tonnellate di Co2 all’anno. Invece per lo stabilimento di Sarno è prevista l’installazione di un impianto di concentrazione del pomodoro a compressione meccanica che non utilizzerà per il suo funzionamento gas combustibile e consentirà di azzerarne il consumo.
Per la riduzione delle emissioni generate indirettamente da consumo energetico, il principale intervento riguarderà l’incremento dell’utilizzo di energia rinnovabile. Saranno infatti installati impianti fotovoltaici (già presenti nei siti di Sarno e Fisciano) nello stabilimento di Angri. Posizionati sui tetti degli impianti, 900 pannelli fotovoltaici andranno a coprire una superficie pari a 3.100 metri quadrati consentendo una riduzione delle emissioni pari a oltre 150 tonnellate di Co2 all’anno. Grazie a questo intervento, l’azienda potrà contare su quasi 100 mila metri quadrati di pannelli fotovoltaici complessivi che equivalgono a una riduzione annua di emissioni pari a circa 1.400 tonnellate di Co2. Dunque una serie di azioni che, dice Ferraioli «ci permetteranno di aumentare la capacità produttiva e rendere ancora più innovativi ed efficienti aspetti legati alla produzione», con un importante impatto ambientale.
Con questi investimenti l’azienda continua a dimostrare il suo impegno in tema di sostenibilità nelle sue diverse declinazioni: ambiente, responsabilità sociale e governance. Molteplici sono le iniziative per cercare di ridurre e prevenire eventuali perdite lungo l’intera catena del valore, per supportare gli agricoltori a ottimizzare l’utilizzo delle risorse attraverso l’introduzione di nuove tecnologie, per incrementare l’utilizzo di processi, macchine e attrezzature che consentano di ridurre lo scarto di prodotti e il riutilizzo di alcuni sottoprodotti.
Inoltre, una procedura aziendale guida il processo di approvazione e validazione di tutti i fornitori mentre i tecnici effettuano delle visite nei campi per verificare in prima persona alcuni aspetti anche in tema di sostenibilità sociale. È risaputo che nella filiera del pomodoro emergono criticità legate alle pratiche di caporalato, al ricorso al lavoro in nero e allo sfruttamento di lavoratori migranti.