di Redazione
Antonio Bartoli, ambasciatore dell’Italia in India, è entusiasta delle prospettive che si presentano nel continente per la aziende italiane e in particolare quelle familiari. «Qui si sente l’energia, con molte imprese forti alla seconda o alla terza generazione, con una classe emergente che scommette sulle nuove tecnologie, molte start-up e una grandissima voglia di crescere e diventare la quarta economia del mondo, e in prospettiva la terza, 1,4 miliardi di persone, un sesto dell’umanità, una età media di 28 anni», ha detto Bartoli al giornalista Danilo Taino nell’intervista al Family Business Forum di Arezzo. «Si sente il futuro che si annuncia molto migliore del presente e che è corroborato con un dato confortante di crescita, 8,5% due anni fa, 6,5 nell’ultimo anno e in proiezione un altro balzo».
Un sistema Paese che ha il vantaggio della stabilità e di aver innovato molto digitalizzando. Per esempio con un nuovo sistema di pagamenti che funziona attraverso il telefonino, tagliando una catena burocratica e di intermediazioni che era nella tradizione. Un sistema complicato come burocrazia ma sull’altro piatto c’è un grande mercato e ci sono margini di crescita molto forti. «Quello che suggerirei alle imprese italiane è di contare sul sistema Italia e sull’ambasciata. Ci sono distretti intorno a Mumbai e Delhi e al Sud molto attivi e avanzati tecnologicamente. Oggi sono insediate in India 750 aziende italiane, metà delle quali hanno stabilimenti produttivi. Produrre qui significa beneficiare di incentivi e di un mercato a portata di mano. Ambasciata e sistema Italia fanno squadra e seguono gli imprenditori passo per passo. C’è una camera di commercio molto attiva, c’è l’Ice a Delhi e Mumbai, c’è la Sace, assicurazione crediti, che lavora per i venditori italiani e garantisce i prestiti contratti dal compratore indiano con le banche indiane abbassando così i tassi di interesse: si è arrivati a 3 miliardi di euro di coperture. Adesso si aggiungono 200 milioni anche in rupie, la moneta nazionale, per coinvolgere le piccole imprese locali. Poi c’è Simest, che favorisce la crescita all’estero delle imprese italiane e che ha aperto l’ufficio qui e annunciato una linea di 500 milioni di euro a disposizione delle imprese per organizzare diverse attività: dalle missioni esplorative alle joint venture con partner indiani. Io resterei nelle aree dove per noi è più facile assistere le imprese ed eviterei di esplorare Stati che si affacciano solo ora con forti promozioni…». Tra i vantaggi, le aziende familiari italiane possono beneficiare di una struttura culturale ed economica per certi versi simile alla nostra, come mi ha confidato un imprenditore: questo ci avvicina moltissimo».
Una volta non si poteva stare fuori dalla Cina, oggi si può dire lo stesso dell’India. Tra gli ostacoli, le barriere tariffarie e non tariffarie, ma si spera in un accordo di libero scambio ora in discussione tra India ed Europa, come è appena accaduto tra India e Regno Unito.
«I due sistemi produttivi hanno oggettive complementarietà», ha detto ancora Bartoli. «L’India vuole sviluppare il suo sistema produttivo e noi siamo grandi produttori di macchinari e impianti, che coprono il 40% delle nostre esportazioni. Noi possiamo esportare anche in altri settori, dall’energia ai servizi di ingegneria per le infrastrutture fino allo spazio, alla difesa e ai beni di consumo, che vedono almeno una decina di milioni di consumatori in grado di comprare made in Italy».
