di Maria Elena Viggiano
È possibile costruire comunità sostenibili? Questo interrogativo è diventato sempre più frequente a seguito della pandemia che ha cambiato le abitudini dei cittadini, anche in materia di acquisti. L’isolamento forzato nelle case ha, infatti, favorito un boom dell’e-commerce e dell’home delivery portando a nuovi scenari. E difficilmente si tornerà indietro. «È cambiato il ruolo della logistica all’interno delle comunità», afferma Alessandro Creazza, direttore Green Transition Hub, Liuc–Università Cattaneo. «Secondo l’accezione tradizionale significa portare le merci da un punto A a un punto B ma, dopo la pandemia e con il ricorso sempre più forte all’e-commerce, significa anche connessione umana. Non è più solo un trasferimento di merci ma un contatto tra le persone».
Solo in Italia viaggiano su gomma 20 mila furgoni ogni giorno per portare più di 300 milioni di pacchi a domicilio ogni anno. A fronte di questi numeri non può che esserci un ripensamento degli spazi urbani. Anche perché, mettere in primo piano la mobilità, significa favorire la competitività di una città e la qualità di vita dei suoi cittadini. Per Creazza, «con l’incremento dell’e-commerce sono aumentate le persone che lavorano nei magazzini, con la conseguenza di una evoluzione degli spazi circostanti. I magazzini ricevono e smistano le merci ma molti operatori del settore immobiliare stanno trasformando le aree adiacenti in luoghi fruibili dagli operatori creando parchi gioco o campi di calcetto. Un immobiliarista ha invitato artisti di urban art a dipingere le facciate dei magazzini e le guide portano visitatori spiegando questi murales che hanno nobilitato la zona. Da luogo di business è diventato spazio di comunità».
Se in passato la logistica incideva in maniera negativa sulla società perché sinonimo di traffico, inquinamento e degrado della comunità, oggi si cercano soluzioni per uno sviluppo sostenibile. Spiega Creazza: «Gli operatori hanno sempre meno tempo per girare casa per casa, questo ha portato all’estremizzazione di un contatto alienato. Si va quindi verso la consegna collettiva dove le merci vengono smistate in diversi punti del quartiere come bar o edicole. Ciò non solo determina un impatto ambientale ma anche un beneficio sociale. La logistica innesca la collettività». Una soluzione ideale anche per i condomini dove sta scomparendo la figura del portiere. «Si torna a una dimensione locale, dove l’economia e la sostenibilità sociale sono benefici notevoli».
In questa momento le persone hanno la necessità di ridurre i costi e di riscoprire la socialità. Per Creazza: «È ancora tutto in fase di sperimentazione ma è necessario un cambiamento nella mentalità delle persone. Per ora ci sono dei riscontri positivi con persone già aperte e convinte che questo sia il modo giusto per operare. Ma è ancora una nicchia. In Italia è molto difficile per la diversità che esiste, sono troppo diverse le città italiane, troppo diversa la popolazione e troppo diverso il contesto economico. La dimensione micro può essere un punto di partenza cercando poi di standardizzare, ma il sistema deve essere open, accessibile a tutti senza limitazioni».
Un vero cambiamento sarà possibile solo partendo dai consumatori. Garantire l’instant delivery ha conseguenze dirette sull’ambiente dato che recapitare al cliente il suo pacco il giorno dopo l’ordine significa far viaggiare più furgoni semivuoti. «È un problema di educazione», conclude Creazza: «L’ostacolo principale è il comportamento del consumatore che non valuta l’impatto delle proprie scelte. Per esempio, meno del 10% delle consegne urgenti sono veramente urgenti. Con un paradosso: non ci si rende conto che la consegna gratis non è mai gratuita, ma ha un costo sociale e ambientale».