di Salvatore Sciascia, Università Cattaneo-Liuc
Nel linguaggio comune, “impresa familiare” è sinonimo di “impresa semplice”. Niente di più falso. La compresenza di due sistemi dalle logiche spesso divergenti, ossia la famiglia e l’impresa, determina infatti un’enorme complessità. Se il sistema d’impresa è generalmente governato da logiche economiche e razionali, le dinamiche familiari sono invece guidate da sentimenti che tendono a mettere in secondo piano tanto la razionalità quanto il danaro.
Tale complessità rappresenta l’elemento distintivo di un family business e costituisce un’arma a doppio taglio: se la compresenza famiglia-impresa è ben gestita, l’impresa familiare sarà dotata di grandi potenzialità di successo; nei casi contrari, tale compresenza rappresenterà un grande fattore di rischio per la sopravvivenza dell’impresa e l’armonia della famiglia.
Quali sono dunque i principi da seguire per governare questa complessità ed evitare che tanto la famiglia quanto l’impresa siano vittime di dinamiche caotiche? Studi scientifici ed esperienze professionali mi portano a dire che per ciascuna lettera della parola “CAOS” ci sia un principio capace di scongiurarlo: Consigli e accordi di famiglia (C), Apertura della governance (A), Organizzazione chiara (O) e Successione ben pianificata (S).
C – Consigli e accordi di famiglia
Le migliori imprese familiari sono quelle che regolano la relazione fra famiglia e impresa attraverso l’adozione di organi e documenti come il «consiglio di famiglia» e l’«accordo di famiglia». Tuttavia, la capacità di sviluppare questi meccanismi di governance familiari è ancora poco diffusa in Italia e si riscontra per lo più in imprese di grandi dimensioni.
L’accordo di famiglia è un documento che definisce i principi che regolano il coinvolgimento della famiglia nella proprietà e nella gestione. Riporta i valori e gli obiettivi della famiglia; i criteri da rispettare per entrare in azienda e fare carriera (ad esempio, tipo di lauree necessarie, lingue ed esperienze lavorative richieste); i criteri di remunerazione; i criteri di trasferimento delle azioni; i meccanismi per sviluppare nuove iniziative imprenditoriali; gli orientamenti filantropici e gli strumenti ammissibili per gestire la ricchezza della famiglia.
Il consiglio di famiglia è l’organo responsabile della stesura ed eventuale revisione del suddetto accordo: chiarisce le relazioni tra impresa e famiglia, esplicitando cosa è appropriato e cosa non lo è; sviluppa una pressione morale che scongiura comportamenti opportunistici; assicura il rispetto dei contenuti dell’accordo; gestisce le attività familiari che assicurano coesione e controllo; funge da guida per il CdA e il top management in merito ai valori e agli obiettivi della famiglia.
A -Apertura della governance
Le imprese familiari più performanti sono quelle caratterizzate da un certo grado di apertura del CdA e del management a soggetti esterni alla famiglia. È chiaro che ciò può risultare particolarmente difficoltoso per le famiglie imprenditoriali, non sempre disposte a rinunciare a quella libertà strategica a cui sono abituate.
D’altro canto, è anche vero che le imprese familiari necessitano di risorse e di capacità imprenditoriali e manageriali non sempre individuabili nel contesto familiare. In tal caso, un certo grado di apertura delle proprie strutture di controllo e di direzione a soggetti esterni alla famiglia consente di disporre di nuove conoscenze e competenze essenziali per il miglioramento della performance.
C’è poi un altro enorme vantaggio derivante dall’ingresso nel CdA di consiglieri non familiari e indipendenti e dalla presenza di manager esterni: possono favorire il buon funzionamento di questi due livelli della governance anche perché si caratterizzano per un maggiore distacco emotivo dalle dinamiche familiari, consentendo anche ai familiari stessi di affrontare le decisioni aziendali con maggiore obiettività.
O – Organizzazione chiara
Nelle imprese familiari, in particolare in quelle di minori dimensioni, molto spesso la formalizzazione viene trascurata, rendendo così i ruoli poco chiari. Questa scarsa chiarezza dei ruoli può essere legata a diverse ragioni. In alcuni casi al desiderio dei leader familiari di preservare il loro status intervenendo senza limitazioni in tutte le aree di responsabilità. In altri casi alla volontà di non rendere esplicite situazioni imbarazzanti, come l’assegnazione di ruoli a chi non li merita, la copertura di ruoli multipli o l’esistenza di relazioni gerarchiche dissonanti rispetto a quelle esistenti nell’albero genealogico.
I livelli del potere nelle organizzazioni sono sostanzialmente quattro: il primo livello è quello della proprietà, seguito dal livello del CdA, da quello del management e infine dal livello della forza lavoro. Ciascun livello è chiamato a rispondere a quello precedente e a guidare il successivo. È l’appartenenza a un determinato livello che determina non solo ciò che i singoli devono/possono fare, ma anche ciò che meritano in cambio. Pertanto, è necessario che ciascuno, membro della famiglia o meno, abbia ben chiaro quali siano i propri diritti e i propri doveri, sulla base del proprio ruolo nell’organizzazione e non sulla base del proprio cognome.
S – Successione ben pianificata
Se c’è un processo che può aumentare più di ogni altro il rischio di dinamiche caotiche nelle imprese familiari è quello del passaggio generazionale. Le imprese familiari migliori sono, dunque, quelle che pianificano il passaggio generazionale, preparando le nuove generazioni (se genuinamente interessate al business di famiglia) attraverso la formazione e le esperienze esterne all’impresa stessa e chiarendo i percorsi di ingresso e di carriera.
Trasferire potere non è affatto facile, poiché significa trasferire non solo autorità, ma anche conoscenza e carisma. Né tantomeno la successione è un cambiamento che avviene «nel vuoto»: è una scelta fra tante scelte, cioè un elemento di un più ampio cambiamento strategico. Deve essere coerente con tutte le altre scelte aziendali, che con l’occasione potrebbero anche essere riviste e influenzare il processo di identificazione e sviluppo del nuovo leader. Ecco perché la successione richiede una pianificazione, seppur flessibile.
Tale pianificazione può anche prevedere che il testimone passi totalmente o parzialmente, in termini di proprietà e/o di management, nelle mani di soggetti non familiari: l’importante è infatti che i successori, indipendentemente dal loro cognome, siano quelli giusti, ossia quelli capaci di contribuire al benessere e alla longevità dell’impresa, nell’interesse di tutti gli stakeholder.