di Guido Corbetta, professore in Corporate Strategy Università Bocconi, e Fabio Quarato, Managing Director cattedra Aidaf-Ey Università Bocconi
Negli ultimi anni è cresciuta molto la sensibilità di istituzioni, aziende e cittadini verso i temi legati alla sostenibilità, e probabilmente la recente pandemia, il conseguente impatto sulle catene di sub-fornitura e di approvvigionamento, nonché gli shock geopolitici hanno contribuito ad accelerarne lo sviluppo. In questo scenario, i criteri Esg (acronimo che riassume le tre parole inglesi Environmental, Social e Governance) possono essere uno strumento molto utile, in quanto fanno riferimento a quei criteri di valutazione e misurazione della capacità delle imprese di allinearsi a nuovi standard di sviluppo sostenibile sia sotto l’aspetto ambientale che sotto l’aspetto sociale.
A tal proposito, la Cattedra Aidaf-EY di Strategia delle aziende familiari ha condotto una analisi di tutte le società europee quotate sui mercati Euronext, con l’obiettivo di misurare l’impegno di tali società in termini di sostenibilità.
Il metodo – Il modello utilizzato è quello sviluppato dal Corporate Lab della SDA Bocconi, che analizza dieci differenti categorie di interesse in cinque ambiti di analisi: 1) Strategia e governance della sostenibilità; 2) Ambiente; 3) Persone e relazioni lavorative; 4) Supply chain; 5) Comunità locali e territorio. Per ogni categoria di interesse sono stati analizzati i comportamenti adottati da ciascuna azienda attraverso la lettura dei report di sostenibilità, arrivando ad attribuire uno score a ogni società compreso tra 0 e 50.
Il campione iniziale considerato è composto da tutte le società quotate sulla Borsa Euronext, che include i mercati finanziari di Olanda, Belgio, Irlanda, Portogallo, Francia, Italia e Norvegia, per un totale di 1.931 società. Escludendo le aziende che operano nel settore finanziario e quelle che non forniscono nessuna disclosure circa il loro impegno in sostenibilità, il campione effettivo di analisi è stato di 511 società.
I risultati mostrano come la distribuzione dei punteggi va da un valore minimo di 12 a un massimo di 48. Il punteggio medio ottenuto da tutte le aziende è di 27,74, e oltre due terzi delle imprese (il 68%) si colloca in un intervallo compreso tra 22,35 e 33,11.
I risultati – Un primo risultato interessante emerge guardando alle differenze tra i Paesi analizzati. Il 70% delle 511 società analizzate appartiene a soli tre Paesi (l’Italia con 138 società rappresenta il 27% del campione, la Francia con 113 società il 22%, e la Norvegia con 106 società corrisponde al 21% del campione). E l’Italia è il Paese con lo scoring più elevato in termini di punteggio ESG (29,07), seguito dal Regno Unito (28,07).
Il rating ESG dei principali paesi analizzati
Un secondo risultato emerge analizzando i risultati in base al settore di attività. Riconducendo gli oltre 100 di 32,65), seguita da Utilities (30,38), Food & Beverage (29,80), prodotti per la casa (28,98) ed Energia (28,52). Di converso, il settore con lo score inferiore è quello del Real Estate (23,49).
Il Rating ESG nei diversi settori analizzati
Un terzo risultato emerge distinguendo le aziende a controllo familiare da quelle con assetti proprietari differenti. Delle 511 aziende analizzate, il 45% è a controllo familiare. Se a livello complessivo il punteggio medio ottenuto dalle aziende familiari non mostra differenze sostanziali rispetto a quello delle aziende non familiari (27,85 contro 27,64), l’analisi mostra differenze importanti in base al Paese di appartenenza.
In particolare, il punteggio medio ottenuto in Italia dalle imprese familiari è di 28,55, inferiore alla media registrata dalle imprese non familiari Italiane (30,29). Se da un lato tale risultato mostra un gap negativo, probabilmente anche per via della differente distribuzione settoriale delle imprese del nostro Paese, il punteggio delle aziende familiari Italiane è superiore alla media complessiva registrata dalle aziende familiari presenti su tutti i mercati Euronext (27,34). Ma anche qui, le aziende familiari dei Paesi Bassi (con una media di 30,36) e UK (33,18) sembrano rappresentare i Paesi benchmark per le aziende familiari. Di converso, il punteggio delle imprese non familiari Italiane (pari a 30,29) rappresenta il punteggio più alto registrato tra le imprese non familiari dei Paesi analizzati.
Il rating ESG nelle aziende familiari e non
Nel complesso, seppure con alcune differenze legate al settore di attività e al Paese di appartenenza, è possibile svolgere almeno una considerazione di fondo. Le analisi effettuate hanno mostrato come i valori conseguiti (nella maggior parte dei casi compresi tra 23 e 33, su un punteggio massimo di 50) siano distanti da quelli che possono essere considerati livelli ottimali. Le aziende devono ancora lavorare molto sul fronte della sostenibilità per raggiungere livelli di eccellenza. In questo lavoro, disporre di un rating che esprima un punteggio oggettivo, può certamente essere un utile riferimento per comprendere il percorso da compiere, e misurare in modo analitico gli obiettivi raggiunti e da raggiungere.