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SCAMBI INTERNAZIONALI/ LA RISPOSTA ALLE MOSSE DI TRUMP

Non resta che rassegnarsi a un patchwork di dazi (adeguando le strategie aziendali)

Secondo Bcg, la chiarezza sulle tariffe sarà questione complessa. Una illusione scommettere su accordi al ribasso con il presidente Usa?
News, Analisi
Pubblicato il 13 Lug alle 14:41

La guerra dei dazi, lanciata da Donald Trump nello scacchiere mondiale per riequilibrare i valori degli scambi internazionali tra Stati Uniti e il resto del mondo, non sembra destinata a diventare una parentesi nel lungo processo di globalizzazione ma è destinata a cambiare strutturalmente lo scenario per i sistemi Pese e per le aziende.
«Fare chiarezza sulle tariffe sarà questione complessa», mettono le mani davanti Dominic DeSapio, Marc Gilbert, Kasey Maggard, Michael McAdoo, Takeshi Konomi e Sarah Lichtblau di Bcg (Boston consulting group) in un report, ricordando i loro allarmi già dall’inizio dell’anno.
«Nel gennaio 2025, mentre l’attenzione globale si stava concentrando sulle tariffe, abbiamo fatto due previsioni. La prima era che l’incertezza avrebbe dominato il panorama del commercio per un po’ di tempo. La seconda era che l’ordine internazionale di lunga data basato sul principio della “nazione più favorita” del sistema dell’Omc (Organizzazione mondiale del commercio, ndr) sarebbe stato sostituito da un mosaico di tariffe bilaterali specifiche per ogni Paese e regimi di attuazione».

L’incertezza ha sicuramente dominato dal gennaio e continuerà per il futuro prevedibile, sono le attese di Boston consulting group. Le tariffe annunciate il 2 aprile sono state messe in pausa fino al 9 luglio, e l’attuazione è stata ora posticipata fino all’1 agosto. Oltre all’accordo iniziale con la Cina, sono stati annunciati finora due accordi (con il Regno Unito e il Vietnam) il che suggerisce che ulteriori ritardi sono possibili se i negoziatori dei Paesi non saranno in grado di concludere gli accordi entro il nuovo termine dell’1 agosto, anche se il presidente Trump ha dichiarato l’8 luglio che non ci saranno proroghe. La mancanza di dettagli sugli accordi finora visti (framework di tre-sei pagine anziché i tradizionali accordi commerciali che superano routine i 1.500 pagine) indica che ci sono ancora molti dettagli da definire.

I partner commerciali rientrano ora in quattro gruppi principali, ricordano gli analisti di Bcg.  Primo, la Cina, che è stata oggetto delle proprie negoziazioni bilaterali. Secondo, il Vietnam e il Regno Unito, che hanno raggiunto accordi attraverso i nuovi framework di intesa annunciati. Terzo, altri partner (14 all’8 luglio, con altri promessi) che hanno ricevuto lettere che delineano nuove tariffe, anch’esse pronte ad entrare in vigore il primo di agosto. Infine, decine di altri partner commerciali per i quali la pausa sulle tariffe è stata prorogata fino all’1 agosto, senza modifiche ai tassi.

Per la maggior parte dei Paesi, i livelli delle tariffe rimangono in gran parte in linea con quelli annunciati in aprile. A partire dall’accordo con il Vietnam, l’amministrazione ha incluso una misura “anti-transbordo”, affermando che beni reindirizzati attraverso altri Paesi per eludere le tariffe saranno soggetti a tassi più alti. In generale, le tariffe sui beni non esentati in tutti i Paesi interessati aumenteranno rispetto al 10% globale attuale a partire dall’1 agosto. Anche a questo livello base, i tassi saranno approssimativamente quattro volte più alti rispetto a gennaio 2025 e significativamente superiori ai livelli visti sotto le amministrazioni statunitensi precedenti.

I grandi partner 

Per le aziende coinvolte nel commercio tra gli Stati Uniti, il Giappone e la Corea del Sud (rispettivamente il quinto e il settimo partner commerciale degli Usa) la necessità di monitoraggio attento e pianificazione degli scenari è particolarmente urgente, segnala il report della società di consulenza. Il presidente Trump ha proposto tariffe del 25% sui beni provenienti da ciascun Paese, a partire dal 1° agosto, se non raggiungeranno nuovi accordi commerciali. Entrambi i Paesi stanno negoziando attivamente, ma finora senza successo, con l’amministrazione statunitense. Hanno entrambi grandi deficit commerciali con gli Usa. Il Giappone esporta quasi 150 miliardi di dollari di beni negli Stati Uniti, tra cui quasi 64 miliardi in automobili e parti di automobili. Gli Usa sono il secondo partner commerciale del Giappone dopo la Cina, e le automobili rappresentano il 52% delle esportazioni verso gli States, diventando un punto critico molto discusso nelle negoziazioni. La Corea del Sud esporta negli Usa più di 130 miliardi di dollari, tra cui oltre 50 miliardi in prodotti e parti automobilistiche. Anche la Corea del Sud ha gli Usa come secondo partner commerciale dopo la Cina, e le automobili costituiscono il 40% delle esportazioni statunitensi. Entrambi i Paesi portano risorse e capacità interessanti per un potenziale accordo commerciale. Possono offrire impegni di investimento, anche da parte di aziende internazionali che potrebbero investire in settori strategici come la costruzione navale e i semiconduttori. Tuttavia, entrambi i governi devono affrontare circostanze politiche interne complesse che potrebbero limitare la loro flessibilità nelle negoziazioni commerciali. Inoltre, ciascuno ha negoziato un accordo commerciale durante il primo mandato di Trump. Corea e Usa  hanno rinegoziato un accordo degli anni 2000 noto come Korus, mentre il Giappone ha negoziato l’accordo commerciale più limitato con gli Usa del 2018.

I prossimi passi per le imprese

Le regole del vecchio sistema multilaterale basato sull’Omc erano trasparenti e la complessità era bassa. Il nuovo sistema bilaterale che si sta formando presenta molte più incognite e una complessità maggiore. Stiamo iniziando a chiarire i contorni di questo nuovo sistema, e una maggiore complessità sarà quasi certamente un fattore importante e potenzialmente duraturo. Le aziende possono iniziare a valutare l’impatto e le implicazioni di nuovi accordi e quadri normativi. Possono anche continuare a prepararsi all’ignoto attraverso la pianificazione di scenari e contingenze, monitorando aree ancora in evoluzione, come gli accordi tra Paesi e sviluppi settoriali specifici. Se non l’hanno già fatto, le aziende possono istituire centri di controllo tariffario per identificare e mettere in atto leve di mitigazione. Le azioni dovrebbero riguardare la conformità commerciale, la catena di approvvigionamento, le considerazioni commerciali e i prezzi, oltre a scenari e politiche. E, naturalmente, devono rimanere aggiornate su altri accordi bilaterali che potrebbero arrivare più avanti nell’estate, anche con partner importanti come l’Ue.

 

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