di Guido Corbetta*
In queste settimane, complice anche il successo della serie Tv Succession, si legge molto sulle famiglie imprenditoriali dove i componenti hanno litigato per la successione, sino in alcuni casi ad arrivare a cause civili e persino penali. Parlare solo dei casi difficili rischia tuttavia di lasciare l’impressione che le probabilità di riuscire a svolgere un processo di successione ordinato e senza litigi siano molto basse, quando invece la realtà è ben diversa. Esistono molti casi dove una nuova generazione ha saputo rigenerare l’impresa senza lasciarsi vincere da invidie, gelosie, risentimenti. Andando in ordine di dimensione e considerando solo le grandissime imprese familiari italiane si ritrovano i casi di Ferrero, Marcegaglia, Cremonini, Barilla, De Agostini (famiglia Boroli-Drago), Menarini (famiglia Aleotti), Buzzi, Mapei (famiglia Squinzi), Brembo (famiglia Bombassei), De’ Longhi, Chiesi, Lavazza, Ariston Thermo (famiglia Merloni). E certamente ve ne sono migliaia di altre meno note. Altrimenti non si spiegherebbe il successo delle imprese familiari che, secondo l’Osservatorio AUB, a inizio 2023 rappresentavano oltre i due terzi delle imprese italiane e negli ultimi dieci anni sono cresciute in media più delle imprese non familiari.
Non c’è dubbio che il processo di trasferimento della proprietà e dei poteri di gestione da una generazione alla successiva sia uno dei più complicati. Tutti i casi, quelli più difficili e quelli meno difficili, insegnano che occorrono almeno tre elementi tra loro intrecciati per imboccare la strada del successo.
Il primo elemento è la profonda consapevolezza che una proprietà responsabile deve salvaguardare la continuità dell’impresa. Un proprietario o una proprietaria può essere attivo nella gestione dell’impresa oppure no. Ma tutti i proprietari devono crescere nella consapevolezza che la variabile indipendente nei processi di successione è l’impresa, non il proprio personale tornaconto e neppure quello della famiglia. Considerare l’impresa come variabile indipendente significa preoccuparsi di dare un futuro di continuità all’impresa nell’interesse sia dei proprietari che di tutti gli stakeholders collegati all’impresa. Considerare l’impresa come variabile indipendente implica che se una famiglia proprietaria non ha più l’energia per assumersi le proprie responsabilità, l’azienda può e deve essere venduta prima che sia troppo tardi.
Un secondo elemento che consente di realizzare processi di successione ordinati è rappresentato dall’impegno della generazione senior a dedicare tempo nella educazione del carattere delle giovani generazioni. Per diventare un proprietario responsabile si deve crescere come persona. Bisogna imparare a non farsi vincere dalla tentazione (che tutti e tutte hanno) del potere e del denaro. Bisogna imparare a dialogare con gli altri membri della famiglia imprenditoriale senza finzioni, ma anche cercando di trovare punti di incontro più che di scontro. Bisogna imparare a riconoscere i propri errori sapendo chiedere nel contempo agli altri di farlo.
Un terzo elemento associato a processi di successione ordinati, confermato da decenni di studi sulle imprese familiari, è la logica del processo professionale. La successione non è un evento, ma un processo che va preparato per tempo e con tutte le professionalità necessarie. Decenni orsono forse le famiglie disponevano solo degli strumenti che facilitavano un basso impatto fiscale nelle successioni. Oggi, esistono molti altri strumenti: la governance familiare, la governance dell’azienda, gli accordi di famiglia, il coinvolgimento di soci terzi, il coinvolgimento di manager non familiari.
Per concludere: un processo di successione litigioso non è un destino obbligato!
*Professore AIDAF-EY di Strategia delle imprese familiari “in memoria di Alberto Falck” Università Bocconi