di Redazione
Ogni anno The RepTrak Company stila la lista delle 100 aziende con la miglior reputazione a livello globale, da Lego (prima davanti a Bosch e Rolex) alla Volkswagen, che chiude la classifica. Nomi come Bmw, Ferrari (prima tra le italiane, al tredicesimo posto assoluto), Lc, Prada, Amazon, Ferrero, Ikea. Entrare nella lista non è facile perché bisogna avere un fatturato globale superiore a 2 miliardi di dollari, raggiungere una soglia di familiarità media globale superiore al 20% in tutti i 14 Paesi misurati e una soglia di familiarità superiore al 20% in sette o più dei 14 Paesi misurati. E, dopo essere conosciuti, ottenere un punteggio di reputazione superiore alla media che è di 67,3 punti.
Insomma, un bella sfida. Nella quale le imprese familiari riescono a competere con buoni risultati. Se, infatti, si legge la lista dei primi 100 marchi guardando al tipo di proprietà si vede che 40 ne hanno una a carattere familiare (non a caso le prime due in classifica generale per reputazione Lego e Bosch). La divisione per aree geografiche ricalca quella che è la cultura dei Paesi e la loro cultura economico-finanziaria. L’area con il maggior numero di grandi marchi a carattere familiare è l’Europa, con il 55,6%, seguita dall’Asia con il 53,8%, per concludere con l’America al 19%. L’analisi è stata condotta da Fabio Quarato, managing director dell’Osservatorio Aub dell’Università Bocconi, per Family Business Forum.
«Considerando che stiamo parlando dei marchi più importanti al mondo direi che la presenza di imprese familiari è assolutamente significativa», sottolinea Guido Corbetta, docente ordinario di Strategia delle imprese familiari all’Università Bocconi.
Si tratta di nomi che si incontrano nella vita di tutti i giorni, come Lego, una delle più spettacolari storie di rinascita, riuscita anche perché ha coinvolto la proprietà (famiglia Kristiansen). O come gli elettrodomestici Miele (famiglia omonima), di Bosch (fondazione Robert Bosch), di Dyson (famiglia omonima) o di Samsung (controllata attraverso una fitta rete di partecipazioni incrociate di cui l’azionista di riferimento è Lee Kun-Hee, la persona più ricca di tutta la Corea del Sud). Gli abiti e gli accessori di Prada (famiglie Bertelli-Prada). Le auto di lusso di Ferrari (Agnelli-Elkann). Gli orologi di Rolex (fondazione della famiglia fondatrice Hans Wilsdorf). Le penne Bic (famigli Bich). Ma anche le moto di Honda e l’elettronica di Lg. In termini dimensionali ai vertici sono Amazon e Volkswagen. L’elenco completo è nella tabella qui sopra. È stata inserita anche una società come Amazon perché il suo fondatore, Jeff Bezos, pur non avendo la maggioranza del capitale influenza però sicuramente il destino della società con il suo 19%. La prova si è avuta nel momento del divorzio dalla moglie MacKenzie Scott: i coniugi non avevano un patto prematrimoniale che tutelasse anche l’impresa e il titolo ebbe uno scivolone in Borsa. Per fortuna, i due risolsero con intelligenza tutti i problemi, tutelando in questo modo la stessa Amazon.
Nella foto, John Elkann, presidente Ferrari