di Angela Lupo*
Siamo davvero al rush finale: il 1° giugno 2023 entrano in vigore l’Accordo internazionale sul Tribunale unificato dei brevetti (Unified patent court, Upc) e la nuova normativa europea brevettuale.
Nella nuova giurisdizione il Brevetto unitario avrà efficacia contemporaneamente nei Paesi membri dell’Ue che avranno aderito e ratificato l’Accordo sul Tribunale Unificato dei Brevetti (UPCA, Unified Patent Court Agreement): attualmente 25 sono i Paesi che hanno aderito e, tra questi, solo 18 Stati hanno ratificato l’Accordo. Restano fuori, per ora, Croazia, Polonia e Spagna.
L’Upc avrà esclusiva giurisdizione in materia di azioni di contraffazione, di azioni declaratorie di non contraffazione e di azioni di nullità dei brevetti unitari, ma anche dei brevetti europei “tradizionali”, già concessi, che non avranno esercitato esplicitamente una opzione di rinuncia all’Upc.
Nella previsione iniziale, il Tribunale di primo grado, oltre alla sede centrale a Parigi, avrebbe avuto due divisioni tematiche distaccate a Monaco di Baviera e Londra. La distribuzione delle competenze prevede a Parigi (settore fisica, elettricità, trasporti, tessili), a Monaco (meccanica, armi, esplosivi) ed infine alla sede vacante di Londra (chimica, farmaceutica e metallurgica). Oltre a una sede centrale, sono anche state istituite sedi nazionali in ognuno dei paesi aderenti (a Milano per l’Italia). Infine, la Corte di appello sarà in Lussemburgo.
A seguito della Brexit, la terza sede, in capo a Londra e, da questa dismessa formalmente il 20 luglio 2020, non essendo più parte dell’Ue, dovrebbe essere riassegnata. Si continua a usare il condizionale “dovrebbe”, poiché, nel settembre del 2020, l’Italia aveva avanzato ufficialmente la candidatura di Milano a ospitare la terza sede del Tribunale unificato dei brevetti.
Che cosa succederà il 1° giugno
Nella seduta dell’8 maggio 2023, il Presidium del Tribunale unificato dei brevetti (UPC) ha deliberato che, a partire dal 1° giugno 2023, le azioni pendenti davanti alla Divisione centrale relative ai brevetti nella sezione Ipc A siano assegnate alla sede di Parigi mentre le azioni relative ai brevetti nella sezione Ipc C sarà assegnato alla sezione di Monaco.
La Nota del 16 maggio 2023, apparsa sul sito dell’Unified Patent Court, espressamente precisa che la “formulazione dell’articolo 7, paragrafo 2, dell’accordo UPC prevede che le azioni pendenti dinanzi alla divisione centrale relative a queste due sezioni IPC siano assegnate a una sezione da stabilirsi a Londra. Tuttavia, dopo che il 20 luglio 2020 il Regno Unito ha ritirato la ratifica dell’accordo su un tribunale unificato dei brevetti, il comitato preparatorio ha interpretato l’articolo 7, paragrafo 2, dell’UPCA e il suo allegato II, per quanto riguarda l’attribuzione delle cause a una sezione della Divisione Centrale di Londra come inefficace e che la competenza per questi casi possa essere trattata provvisoriamente fino a quando non sarà adottata una decisione definitiva sulla creazione di un’altra sezione della divisione centrale. Considerato altresì che il Comitato Amministrativo non è ancora giunto a tale decisione definitiva e che l’Accordo entrerà in vigore il 1° giugno 2023”.
Allo stato attuale non si rinvengono altre precisazioni di rilievo, a livello di comunicazione ufficiale in ambito dell’Ue e, nello specifico, afferente il Tribunale unificato dei brevetti.
Il 18 maggio 2023, in un Tweet del Ministro degli Eteri Antonio Tajani prima e in una Nota della Farnesina poi, si legge: nel Tweet “Il Governo italiano ha concordato con Francia e Germania di istituire a Milano la sezione distaccata della Divisione centrale del Tribunale Unificato dei Brevetti. L’intesa sarà formalizzata nel prossimo Comitato Amministrativo. Un risultato importante per l’Italia” e, nella Nota, “L‘intesa negoziata per l’Italia dai Ministeri degli Esteri e della Giustizia, sarà sottoposta agli altri Stati contraenti del Tub nel corso della prossima riunione del Comitato Amministrativo per la sua formalizzazione. Un risultato importante per l’Italia e per il capoluogo lombardo, frutto di una scelta politica degli Stati parte del Tub, a seguito di un’intensa azione politica e diplomatica condotta dall’Italia. La sezione milanese giudicherà su importanti contenziosi su brevetti unitari da tutti i Paesi europei che fanno parte del Tub, in settori rilevanti per il sistema imprenditoriale italiano”.
(…) “L’avvio del Tribunale Unificato dei Brevetti il primo giugno 2023 è una pietra miliare per il settore della proprietà industriale a livello europeo. Corona con successo decenni di negoziati in Europa, introducendo un nuovo strumento sovranazionale di soluzione delle controversie in materia di brevetti europei. Essendo il Tub un sistema completamente nuovo, il Governo si è adoperato affinché la decisione sia in ogni caso soggetta a una clausola di revisione anticipata, nel 2026, molto prima rispetto a quanto già previsto dall’Accordo (2030), che consentirà di verificare in tempi rapidi il corretto funzionamento, e di correggerne eventuali squilibri”.
Con la Nota pubblicata il 16 maggio sul sito della Unified Patent Court (unica comunicazione aggiornata sul punto) il Tribunale Unificato dei Brevetti ha gelato le aspettative dell’Italia che aveva pur candidato Milano per ospitare la sede decentrata della Divisione di Parigi.
Il Tribunale di primo grado avrà, come deciso da tempo, sedi centrali a Monaco e Parigi
E le relative competenze (farmaceutico, siderurgia e chimica), già in capo alla divisione di Londra, dismesse dopo la Brexit, verranno provvisoriamente ripartite tra Parigi, dove andranno i contenziosi per l’ambito farmaceutico, e Monaco, per l’ambito siderurgico e chimico.
Il concetto di provvisorietà genera di per sé confusione con rischio sopratutto per le imprese che non avranno certezza del diritto e non sapranno a quale Divisione rivolgersi, con la conseguenza di aumentare conflitti e cause soprattutto in ambito chimico-farmaceutico.
A testimoniare che l’Italia non ci sarebbe, e che fin troppo poco rispetto è stato concesso alla lingua del Bel Paese, impera l’immagine inconfondibile, sul sito dell’Unified patent court, con focus sulle lingue ad usum per la comunicazione, laddove appaiono solo l’inglese, il francese e il tedesco.
Se la “forma è sostanza”, come ricordava il filosofo Aristotele, verrebbe da interrogarsi: cui prodest?
A livello ufficiale, in ambito europeo, non si sa molto; a livello nazionale, siamo tutti confortati che almeno giungerà nel capoluogo lombardo una sede dell’Unified patent court, senza le competenze già attribuite a Londra (farmaceutico, chimica e siderurgia).
Per ora le azioni relative ai brevetti nelle sezioni Ipc A e C saranno assegnate rispettivamente a Parigi e Monaco, ciò significa chimica e metallurgia in Germania e la quasi totalità dei farmaci di successo in Francia.
Milano sì, Milano no
Al di là di ogni possibile e plausibile riflessione, più che la (quasi) dimenticanza dell’Italia emerge piuttosto l’inconsistenza, sul piano fattuale, del sistema legislativo e regolamentare dell’Ue, un sistema che non ha saputo fare i conti con la Brexit e con tutto quel che ne è derivato.
L’Ue non prende origini dal Trattato di Aquisgrana, quello firmato il 22 gennaio 2019 tra Emanuel Macron e Angela Merkel, non certamente lo storico Trattato del 18 ottobre 1748; né deriva da ogni qualsivoglia Accordo bilaterale tra singoli Stati dell’Unione europea.
Il Progetto europeo nasce dalla volontà di un gruppo di Paesi del vecchio continente: sin dal Trattato Ceca (18 aprile 1951 a Parigi) che, sei anni dopo, dette vita alla Comunità economica europea a Roma il 25 marzo 1957, si annovera proprio l’Italia tra i Paesi fondatori dell’attuale Ue.
Ebbene, ritornando ancora nello specifico della questione dell’Unified patent court, va ricordato che, per l’attribuzione delle sedi del Tribunale unificato dei brevetti, l’Accordo (articoli 7 e 89) ha preso in esame gli Stati dell’Ue con maggior numero di brevetti nell’anno 2012: in forza di tale inequivocabile normativa, le sedi furono assegnate a Parigi, Monco e Londra. Dopo l’uscita del Regno Unito, l’Italia è balzata al terzo posto nella classifica dei brevetti europei. L’Italia, dunque, era ed è il Paese che legittimamente doveva subentrare al Regno Unito (con tutte le competenze già attribuite alla sede londinese e cioè chimica, farmaceutico, metallurgico) in quanto terzo Paese (una volta escluso appunto il Regno Unito, dopo Germania e Francia) con maggior numero di brevetti europei validati nell’anno 2012, anno preso a riferimento del sistema per attribuire le sedi.
E, sul piano del deposito dei brevetti, va pure ricordato che, stante quanto emerge dall’analisi di Unioncamere, l’Italia ha sviluppato notevolmente, nonostante la pandemia, i settori tecnologico, elettromedicali e quello dei trasporti: tra le regioni con all’attivo più registrazioni di brevetti c’è la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Veneto e il Piemonte e alcune Regioni del Centro-Sud che hanno ricevuto domande di brevetto in misure elevate.
È evidente che, sopratutto nell’ultimo decennio, la necessità di istituire il Tribunale unificato dei brevetti è stata una spinta, proveniente dal mondo dell’industria, anche per gli enormi vantaggi in fatto di risparmio economico e di certezza dell’azione giurisdizionale a livello europeo.
Ed è anche per questo che un luogo unificato come l’Unified patent court potrebbe far intuire innanzitutto una nuova concezione della politica industriale comune tra i Paesi dell’Ue.
Insomma un’assoluta novità, per i singoli Stati dell’Ue, che, in esecuzione di un Accordo (Upca), si ritroveranno magari a sviluppare concretamente una nuova cultura comune dell’industria, della politica industriale europea, all’insegna del rispetto delle diversità, territoriali ed economiche, dei singoli Stati membri dell’Ue.
Per questo dalla Brexit in poi si doveva fare meglio e bene: dopo le dimissioni di Londra nel luglio 2020 si sarebbe potuto costruire insieme un nuovo linguaggio legislativo europeo.
Non l’accordo tra Paesi, bensì una comune legge regolamentare che potesse dare un senso alla storia del Progetto europeo, cominciando da Milano, candidata a subentrare a Londra, come sede della Divisione centrale, una sede che avrebbe potuto recare con sé le medesime competenze di Londra.
Procrastinare all’infinito una decisione che, forse, sin dalla Brexit (2016), poteva essere rivisitata, non fa bene all’Ue, non fa bene alla certezza del diritto europeo, non fa bene alle imprese che lavorano sul territorio del Continente europeo.
Non è questione di bandierine da issare. Se si vuole rendere competitivo il Progetto europeo, attualizzandolo nel contesto attuale, va fatto uno sforzo in più, andando oltre le bandierine nazionali e spingendo per realizzare concretamente lo sviluppo sinergico di una vera politica industriale comune.
Partendo dall’Unified patent court e dalla legittimazione di un Accordo che andava rivisitato (e non solo interpretato) per essere fonte di ispirazione per future regolamentazioni europee nel mondo che sarà.
Parlare europeo serve. Serve meno parlare solo inglese, francese e tedesco. Ricordando magari che la lingua italiana (dopo inglese, spagnolo e cinese) è la quarta lingua più studiata al mondo (ancor prima di francese e tedesco).
In tal senso, andrebbe suggerito anche di modificare parzialmente l’attuale sito dell’Unified patent court, ancor prima della possibile assegnazione della sede a Milano.
Oppure no?
*Avvocato, ideatrice e co-fondatore di Leitframe, Contenitore di cornici di dialogo e azione a soggetto giuridico. Si occupa di diritto commerciale, nuovi modelli di business, transizione ecologica, sostenibilità, valorizzazione delle donne nella società.
Nella foto, Angela Lupo. In alto, sopra il titolo, la sede del Tribunale dei brevetti di Milano