di E.T.
Saper fare e far sapere. Lavorare con passione per il patrimonio di famiglia rispettando il territorio e promuovendo i prodotti con un senso del mercato che ha fatto la differenza nella storia del vino veneto e del vino italiano. Perché il valore aggiunto non sia lasciato a chi è in grado di manovrare il mercato, magari con prodotti discutibili, ma sia governato da chi lavora in vigna e in cantina e arrivi al consumatore finale con la sua qualità e inventiva. Per Sandro Boscaini, presidente e amministratore delegato di Masi Agricola, il re dell’Amarone e inventore del Ripasso, “saper fare” è una linea guida come il “far sapere” perché se un prodotto, pur valido, non viene raccontato e conosciuto non esiste. Non a caso Boscaini è orgogliosamente bocconiano e ha fatto della promozione dei valori e del marketing in tutto il mondo strettamente legato al contenuto e al vissuto dei prodotti una filosofia che si legge chiaramente nel libro appena uscito, “Amarone e oltre. Masi: 250 anni di vendemmie, famiglia e imprenditorialità”, edito da Egea (la casa editrice della Bocconi) con la prefazione di Giuseppe Lupo e presentato a Milano con il rettore dell’università Francesco Billari e la docente Roberta De Sanctis. Per Billari due fattori sono decisivi nella longevità di un gruppo familiare: “la pianificazione di lungo periodo e il coraggio” oltre alla chiara divisione dei ruoli operativi dei componenti della proprietà.
Boscaini conferma la necessità di specializzarsi nei compiti come ha fatto con il fratello enologo e la volontà di collaborare da parte di tutti i componenti che accettano la sfida (gli altri scelgano altre strade) con un obiettivo comune: la tutela e l’accrescimento del patrimonio familiare. Adesso nella Masi agricola cominciano ad affacciarsi gli esponenti dell’ottava generazione che può contare su uno sviluppo straordinario dagli anni settanta, quando il vino veneto soffriva di una immagine compromessa da pratiche discutibili, agli anni ottanta quando si sono affermate le politiche dei produttori che hanno puntato sulla qualità e sul controllo diretto della rete distributiva. Boscaini ha portato al successo mondiale l’Amarone e ha creato un nuovo mercato con il Ripasso, un vino sviluppato a partire da una tradizione popolare di utilizzare un secondo giro delle vinacce di Valpolicella per consumi leggeri ed economici trasformata in una originale formula puntando su una nuova vita delle uve passite utilizzate per l’Amarone, a sua volta frutto di una doppia fermentazione. Il successo di Ripasso è stato subito copiato da altri vignaioli del Veronese con etichette dai nomi simili ma con problemi di qualità. Per tutela la sua invenzione, Boscaini ha preferito regalare il brand alla Camera di commercio lasciando il libero utilizzo a patto che si rispettasse un disciplinare rigoroso. “Trent’anni fa eravamo una dozzina di produttori, oggi siamo in 300”, ricorda l’imprenditore per dimostrare che la valorizzazione del territorio e della comunità dove una azienda opera può creare sviluppo per tutti. La parola magica oggi è “sostenibilità”: “Prima di tutto la sostenibilità economica, poi quella sociale e infine quella del rispetto per la natura”. E chi lavora tra le viti è il primo difensore di questi valori che hanno portato il gruppo Masi a 65 milioni di ricavi con 175 dipendenti. Con un mix di esponenti di famiglia (Sandro Boscaini con i figli Alessandra e Raffaele e il fratello Bruno con i figli Anita e Giacomo) e di manager esterni (Andrea Dal Cin, Luc Desroches e Federico Girotto, l’amministrartor delegato che ha seguito la quotazione in Borsa all’Euronext Growth Milan (ex Aim Italia). Scrive Boscaini: “Masi intende lavorare e crescere seguendo le sue consolidate regole: accarezzare la natura e progredire con l’aiuto della scienza e della tecnica, in una visione armonica, umanistica e di grande rispetto”.
La strategia operativa ha portato ad allargare la produzione nel Triveneto, in Toscana e a Mendoza in Argentina. E a realizzare i tre quarti del fatturato all’estero, grazie ai vini di diverso posizionamento sul mercato: un quarto oltre i 25 euro a bottiglia, metà tra i 10 e i 25 euro e un quarto tra 5 e 10 euro. Una scelta che rappresenta un equilibrio strategico per ottimizzare margini e volumi, trascinati dalle etichette premium che caratterizzano l’immagine complessiva del gruppo e in grado di cogliere le nuove tendenze come nel boom del Prosecco. Con la prospettiva nei servizi di ospitalità ed enoturismo evidente anche nel network dei wine bar (Cortina, Zurigo e ora Monaco) e nell’ampliamento in corso della sede aziendale di Gargagnano (Sant’Ambrogio di Valpolicella) disegnata dallo studio di architettura Cecchini, Mar e Beghini. Un punto di arrivo e ripartenza per chi viene citato dagli osservatori del mondo del vino italiano tra i tre protagonisti: “Sandro Boscaini è per l’Amarone ciò che Angelo Gaja è per il Barbaresco e Pietro Antinori per il Chianti”.
Nella foto in alto, da sinistra, la docente Sda Roberta De Sanctis, il rettore dell’Università Bocconi Francesco Billari e l’imprenditore Sandro Boscaini