Qualche giorno fa, commentando su Linkedin un articolo su Prada-Versace, qualcuno sottolineava, in senso negativo, la scelta di Patrizio Bertelli e Miuccia Prada di individuare nel figlio Lorenzo il successore (scelta che, invece, va letta in modo positivo non solo per le capacità di Lorenzo Bertelli, ma per la chiarezza con cui è stata fatta). E facevano il paragone con Bernard Arnault e la grande scuola manageriale di Lumh., sostenendo che
Lumh dice di essere un’azienda familiare ma lo usa come fattore di comunicazione.
Bene, la nomina di Frédéric Arnault alla guida di Loro Piana dimostra che in Italia come in Francia, e come in gran parte del mondo, le logiche non cambiano. E che anche Lvmh – che, beninteso, ha una grande scuola manageriale – la successione familiare è il tema principale che un’azienda deve affrontare. Anzi, nel colosso francese, a nostro avviso, è il più grande punto interrogativo.
Cambi continui
Da circa tre anni, da quando il processo di avvicendamento dei figli Arnault nel gruppo è partito (ma Arnault vi sta lavorando da una quindicina d’anni), sia a livello azionario che a livello responsabilità manageriali, si sta assistendo a continui cambi e spostamenti, strutture che vengono montate e smontate in pochi mesi (soprattutto in alcune parti del gruppo). Quando il 21 marzo di un anno fa fu annunciata l’uscita di Toni Belloni da direttore generale di Lumh (mantiene la presidenza dell’Italia), era sembrato il segno che tutto il processo di passaggio generazionale si fosse incanalato nel verso giusto. Evidentemente la situazione non è ancora così stabile. Tanto che lo stesso fondatore punta a restare alla guida di Lvmh fino a 85 anni. È la seconda volta che Bernard Arnault sposta in avanti la data della sua uscita.
D’altra parte, lo stesso fondatore ha detto di non aver ancora preso una decisione su un solo successore.
Anche se al momento Frédéric Arnault sembra avere un posto particolare nei pensieri del padre, visto che è anche managing director di Financiere Agache.
Come ceo di Loro Piana, il quartogenito di Arnault risponderà a Belloni, che continua dunque ad avere il compito di allenare la nuova generazione Arnault a raggiungere la maturità manageriale.
Punti aperti
Con il riassetto annunciato il 12 marzo restano al momento aperti questi fronti: 1) Louis Vuitton: qual è il significato di aver nominato un vice ceo a fianco di Pietro Beccari e con una serie di deleghe importanti comunicazione compresa? 2) Fendi: nell’anno del suo centenario, la maison è attualmente è senza un ceo, visto che Angeloglou (che aveva sostituito un anno fa Serge Brunschwig) è stato nominato ieri sera vice ceo di Dior. Fendi è anche in attesa del nuovo designer (si dice a breve arrivi Maria Grazia Chiuri) 3) Dior: solo un anno fa era stata nominata – inizialmente definendola co-ceo –
Benedetta Petruzzo proveniente da Miu Miu, dove era ceo. leri però è stato nominato un vice ceo anche in Dior, appunto l’ex ceo di Fendi.
Quanti vice-ceo!
Un ultimo punto: il proliferare dei vice ceo.
Nel mondo della moda sta prendendo sempre più piede questa nuova figura del vice-ceo i cui contorni e il cui peso all’interno delle organizzazioni sono ancora tutti da valutare. Servono a suddividere responsabilità che sono divenute troppo grandi viste le dimensioni dei marchi e la sempre maggior complessità dei mercati? O sono la preparazione della staffetta come è stato in Gucci dove il deputy ceo è diventato ceo? Ci sarà da ragionare
(Bernard Arnault in una foto da Shutterstock)