di Elena Fausta Gadeschi
Si chiama Ivy League e rappresenta il circuito delle migliori università degli Stati Uniti. Ne fanno parte Brown, Harvard (nella foto), Cornell, Princeton, Dartmouth, Yale, Columbia e University of Pennsylvania. L’accesso a uno di questi atenei rappresenta un passaporto sicuro per una carriera di successo. E da sempre sono favoriti gli studenti appartenenti alle classi elevate, ma adesso c’è una valutazione più precisa del fenomeno: i ragazzi provenienti dall’1% più ricco del Paese hanno il doppio delle probabilità di frequentarli rispetto a quelli nati da famiglie della classe media con punteggi Sat/Act (due sistemi di valutazione adottati nei test di ingresso Usa) comparabili.
Secondo una ricerca condotta da Opportunity Insights, un team di ricercatori e analisti politici con sede ad Harvard, pubblicata dal New York Times, gli studenti provenienti da famiglie molto ricche sono sempre più rappresentati nei college d’élite rispetto ai coetanei provenienti da famiglie più modeste. Le ragioni di questo divario sono molteplici. Prima di tutto i college, a parità di punteggio, danno la precedenza ai figli degli ex alunni e agli atleti, che nella maggioranza dei casi provengono da famiglie agiate e godono di influenti lettere di raccomandazione. Inoltre, attribuiscono un peso maggiore alle valutazioni non accademiche, che tendono ad essere più alte per gli studenti che fanno domanda da scuole superiori private, dove si concentrano i figli delle famiglie più benestanti, perpetuando così il trasferimento intergenerazionale di ricchezza e opportunità. Ma non è tutto.
Confrontando i punteggi Sat e Act di tutti gli studenti per gli anni 2011, 2013 e 2015 con i registri dell’imposta federale sul reddito dei loro genitori dei sei anni precedenti, emerge che gli studenti più ricchi sono anche quelli più preparati e che, viceversa, quelli di condizione più modesta, faticano a ottenere buoni risultati alle prove di ingresso. L’istruzione dovrebbe essere un diritto garantito a tutti i ragazzi, indipendentemente dalla loro condizione sociale di partenza, ma nei fatti il sistema scolastico statunitense è dominato da profonde disuguaglianze che si manifestano molto presto. Già all’asilo i bambini ricevono un’istruzione molto diversa, dentro e fuori da scuola, a seconda che provengano da famiglie ricche o povere. Una disparità dettata dalla diversa quantità di tempo e denaro che i loro genitori sono in grado di investire e che negli ultimi anni si è sempre più approfondita. «I bambini dei quartieri svantaggiati finiscono dietro la linea di partenza anche quando arrivano all’asilo», spiega al Nyt Sean Reardon, docente del corso “Povertà e disuguaglianza nell’istruzione” presso la Stanford Graduate School of Education. «In media le nostre scuole non sono molto brave a rimediare a questo danno» e quando a 18 anni ci si accorge del divario è ormai troppo tardi.
I figli dello 0,1% più ricco, i cui genitori guadagnano in media 11,3 milioni di dollari all’anno, ottengono punteggi di gran lunga migliori anche rispetto ai figli delle famiglie appena sotto di loro. Per i 12 mila ragazzi che appartengono a questo ristretto gruppo, le opportunità di formazione sono enormi. Si va dalle scuole private esclusive ai viaggi di studio in estate in giro per il mondo ai corsi di preparazione al college che costano più del college stesso, come sottolinea John N. Friedman, economista della Brown, che ha analizzato i nuovi dati con Raj Chetty e David J. Deming di Harvard. Ma la disuguaglianza è ancora più evidente e cruciale tra i figli dei semplici ricchi e il ceto medio. Le differenze di classe si sono acuite e l’acceso a un’università prestigiosa è diventato sempre più difficile e, al contempo, dirimente per migliorare le proprie condizioni sociali. Tra le famiglie si fa a gara per trasferirsi nei quartieri benestanti, per pagare tutor privati e fare domanda nelle scuole più esclusive. L’alternativa è rimanere in una sacca di povertà determinata dal quartiere di provenienza.
La segregazione culturale dei quartieri popolari
Dalla metà degli anni ‘90, le probabilità che i bambini più poveri vivano e frequentino le scuole di prossimità dove si concentra il disagio e dove è più difficile attrarre e trattenere i migliori insegnanti sono aumentate. La ricerca mostra che più finanziamenti ricevono le scuole, migliori sono i risultati degli studenti. Negli ultimi anni, però, la maggior parte degli Stati ha preferito non diversificare i finanziamenti in base alle esigenze, ma distribuirli equamente tanto alle scuole ad alto reddito quanto a quelle a reddito inferiore, approfondendo le disparità tra gli istituti e, di riflesso, accrescendo le differenze nei metodi di insegnamento: niente gite, visite ai musei ed esperienze ricreative nelle scuole più povere.
Le differenze razziali nel rendimento scolastico si sono ridotte negli ultimi 50 anni, spiega il professor Reardon. Ma le famiglie nere e ispaniche hanno una probabilità decisamente più elevata di vivere in quartieri poveri, anche rispetto alle famiglie bianche che guadagnano redditi simili, e i loro figli più probabilità di frequentare scuole ad alto tasso di povertà. Mentre le famiglie bianche, che vivono più facilmente in quartieri benestanti, si potranno permettere di scegliere scuole migliori, con studenti perlopiù bianchi.
L’importanza dell’ambiente familiare e dell’“educazione-ombra”
La scuola è importante, l’ereditarietà delle capacità cognitive svolge un ruolo a livello individuale, ma è l’ambiente familiare ad avere un evidente impatto sui ragazzi. Ciò che i bambini fanno la sera o durante le vacanze estive, il vocabolario dei loro genitori e il livello di stress nella loro vita domestica, su cui hanno un forte impatto le difficoltà economiche, l’insicurezza alimentare e i frequenti traslochi, influenzano l’educazione dei figli. «I genitori, indipendentemente dalla razza, dalla nazionalità, dal reddito, hanno grandi sogni per i loro figli, vogliono che vadano bene a scuola», spiega il professor Reardon. «Ma se sei preoccupato se c’è cibo in tavola e il riscaldamento è acceso in inverno, è molto difficile riuscire a ritagliarsi un’ora prima di andare a letto per leggere ai propri figli».
Le differenze, come dicevamo, iniziano presto. I bambini ad alto reddito hanno maggiori probabilità di frequentare la scuola materna e addirittura prima della scuola materna, i punteggi cognitivi medi per i bambini delle famiglie con i redditi più alti sono del 60% superiori ai punteggi dei redditi più bassi. Il vantaggio iniziale prosegue con quello che i ricercatori chiamano l’“educazione-ombra” ossia tutti quei corsi, quelle attività extra-scolastiche, culturali e sportive, che potranno arricchire l’istruzione dei loro figli al di fuori della scuola.
Come colmare il divario
La soluzione, dicono i ricercatori, consiste nell’affrontare le lacune molto prima che i ragazzi si cimentino nei test di ingresso all’università, differenziando e aumentando i finanziamenti per le scuole nei quartieri a basso reddito e impegnandosi per ridurre la segregazione residenziale. Abbattere le disuguaglianze gioverebbe anche alle famiglie più ricche, riducendo la competitività fra i genitori, migliorando la convivenza e favorendo quella mobilità sociale che in fondo è sempre stata l’essenza del sogno americano.