di M.S.
Per ora interessa (e obbliga) solo banche, assicurazioni e imprese oltre 50 dipendenti o più di 10 milioni di fatturato oltre alla pubblica amministrazione. Ma gli effetti a medio e lungo termine della legge sull’equo compenso per i liberi professionisti, appena approvato dalla Camera in via definitiva, rappresenta una svolta per tutti. Con ministri e ordini professionali impegnati a stabilire regolarmente i valori corretti delle prestazioni. Il che significa attribuire dei numeri alla definizione fissata dalla legge: equo è il compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti da specifici decreti ministeriali. Perché una svolta? Perché per la prima volta si impone per legge un valore per una prestazione finora regolata dal libero accordo tra le parti, ovviamente come risultato anche dei relativi rapporti di forza e delle caratteristiche del mercato della domanda e dell’offerta. E soprattutto perché di fatto tutto il mondo delle prestazioni professionali tenderà a rispettare questi valori al di là dei limiti vigenti nelle caratteristiche del committente. E, infatti, c’è già chi definisce l’equo compenso come una sorta di salario minimo per i professionisti. Il riferimento serve solo per far capire quali saranno gli effetti sul mercato generale delle prestazioni professionali, tutti da scoprire via via che la legge diventerà operativa con una prima scadenza per i decreti ministeriali: 60 giorni dalla pubblicazione del provvedimento e cioè a metà giugno.
Ma vediamo nei dettagli che cosa prevede la legge.
La norma. Il testo impone alle imprese bancarie e assicurative (e loro controllate e mandatarie) e alle aziende con più di 50 dipendenti, o con un fatturato di oltre 10 milioni di euro, di versare al professionista a cui affidano incarichi un compenso equo, “proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro” e “conforme ai parametri ministeriali” per la determinazione delle remunerazioni. Parametri che riguardano gli avvocati (con decreto del ministro della Giustizia), i professionisti iscritti ai rispettivi ordini come dottori commercialisti, ingegneri e tante altre figure (con relativi decreti ministeriali) e alle associazioni di categoria per le professioni non regolamentate (con decreto del ministro dello Sviluppo economico). Aggiornamento che accadrà ogni due anni su proposta dei Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali. Le imprese possono comunque adottare autonomamente modelli di convenzione concordati con gli ordini o collegi professionali che si presumono equi fino a prova contraria.
Le attività professionali ricadono sotto le norme dell’equo compenso quando sono rivolte a imprese bancarie e assicurative (incluse le società controllate e mandatarie), le imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno avuto a libro paga più di cinquanta lavoratori o hanno registrato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro e tutta la pubblica amministrazione. Sono escluse le prestazioni rese in favore di società-veicolo di cartolarizzazione e degli agenti della riscossione
Il rispetto delle norme in esame può essere fatto valere in giudizio e il magistrato che accerta il carattere non equo del compenso pattuito può rideterminare il valore dovuto al professionista e condannare il cliente al pagamento della differenza. Ove ne ricorrano i presupposti, il cliente può essere condannato al pagamento di un indennizzo fino al doppio della stessa differenza. Fatto salvo il risarcimento dell’eventuale maggiore danno.
Le sanzioni potranno riguardare anche i professionisti stessi. Infatti,la legge rimanda agli ordini e ai collegi professionali il compito di introdurre norme deontologiche per sanzionare il professionista che viola le disposizioni e che omette di esplicitare alla controparte che il compenso dovrà rispettare questa disciplina.
Sono nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, vietano al professionista di pretendere acconti durante lo svolgimento della prestazione, impongono l’anticipazione delle spese o attribuiscono al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto o del servizio reso. Sono nulle anche le “clausole e le pattuizioni, anche se contenute in documenti contrattuali distinti dalla convenzione, dall’incarico o dall’affidamento tra il cliente e il professionista”.
Più nel dettaglio, la nullità riguarda le singole clausole del contratto, ma non l’intero accordo, che resta valido ed efficace. Ed ecco le clausole: 1) Riserva concessa al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali; 2) Attribuire al cliente la facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto o di pretendere prestazioni aggiuntive che il professionista deve svolgere a titolo gratuito; 3) Anticipazione delle spese a carico del professionista; 4) Imposizione al professionista della rinuncia al rimborso delle spese connesse alla prestazione dell’attività professionale oggetto della convenzione; 5) Termini di pagamento eccedenti i sessanta giorni dalla data di ricevimento del documento (fattura o richiesta di contenuto equivalente) da parte del cliente; 6) Previsione che, in caso di un nuovo accordo sostitutivo di un altro precedentemente stipulato con lo stesso cliente, la nuova disciplina in materia di compensi “si applichi, se comporta compensi inferiori a quelli previsti nel precedente accordo, anche agli incarichi pendenti o, comunque, non ancora definiti o fatturati”; 7) Previsione che il compenso pattuito per l’assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti solo in caso di sottoscrizione del contratto; 8) Obbligo per il professionista di corrispondere al cliente o a soggetti terzi compensi, corrispettivi o rimborsi connessi all’utilizzo di software o banche dati, la cui utilizzazione sia richiesta dal cliente.
Ordini. Ecco i loro compiti: 1) Adire l’autorità giudiziaria qualora “ravvisino violazioni delle disposizioni vigenti in materia di equo compenso”; 2) Adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare la violazione, da parte del professionista, dell’obbligo di “convenire o di preventivare un compenso che sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta”, in applicazione dei parametri previsti dai relativi decreti ministeriali; 3) Adottare disposizioni deontologiche al fine di sanzionare la violazione dell’obbligo di avvertire il cliente, nei soli rapporti in cui la convenzione, il contratto o qualsiasi accordo con il cliente, siano “predisposti esclusivamente dal professionista”, che il compenso per la prestazione deve rispettare in ogni caso, a pena di nullità, i criteri stabiliti dalle disposizioni della legge; 4) Emettere il parere di congruità non solo sui compensi e gli onorari ma anche per tutte le spese documentate e sostenute.
I commenti. Dalle prime reazioni all’approvazione della nuova normativa con prima firmataria il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, poi unificato con il testo della Lega, approvato con 213 voti a favore, nessun contrario, e 59 astenuti (i deputati del Pd) si comprendono quali saranno gli orientamenti nell’applicazione del provvedimento e quali potranno esserne gli sviluppi: già si parla di una prossima estensione.
Giorgia Meloni, presidente del Consiglio: «La norma ha l’intento di riconoscere e tutelare la qualità e la quantità del lavoro svolto dai liberi professionisti nei confronti dei cosiddetti contraenti forti».«Un importante traguardo raggiunto volto a restituire dignità e giustizia a tanti professionisti a cui per troppo tempo sono state imposte condizioni economicamente inique».
Marina Calderone, ministra del Lavoro: «È una norma di civiltà». «Un primo intervento che punta a rendere sempre più universali le tutele per tutti i lavoratori, dipendenti o autonomi che siano. A breve riprenderanno gli incontri del tavolo lavoro autonomo presso il Ministero del lavoro nel quale esaminare e proporre ulteriori interventi sulla disciplina e a sostegno e tutela del comparto».
Confcommercio: «Un primo passo la cui efficacia dovrà valutarsi in fase di attuazione» ed è «positivo che le professioni non organizzate vi siano comprese, ma la determinazione dei parametri del compenso equo deve essere preceduta da un’ampia interlocuzione e confronto con le relative rappresentanze». «Finalmente l’estensione del provvedimento alla Pubblica amministrazione». «Restano le perplessità sulla limitazione ai soli rapporti di natura convenzionale e ci auguriamo che a breve si possa ampliare l’ambito di applicazione».
Commercialisti: «Un provvedimento atteso da molto tempo dai professionisti e sollecitato in più occasioni dall’Associazione nazionale commercialisti (Anc). Sul fronte della Pubblica amministrazione, ci aspettiamo dunque che cali definitivamente il sipario sui bandi gratuiti con prestazioni professionali senza compenso. Tuttavia, crediamo sia necessario intervenire con urgenza su almeno tre punti della legge: estendere la nuova normativa ai committenti di dimensioni minori, considerato che la precarietà non risparmia certo il comparto delle professioni, il quale pertanto esige tutela». Secondo il sindacato professionale guidato da Marco Cuchel, «gli altri punti che dovrebbero essere oggetto di modifica sono l’impianto sanzionatorio che la norma prevede e il ruolo che impropriamente viene assegnato agli Ordini professionali»