di Redazione
Le incertezze su tassi e inflazione e le due guerre non hanno frenato, al momento, l’espansione del tessuto delle imprese: l’anno scorso sono nate 42 mila aziende in più con una crescita complessiva dello +0,7%. Lo rilevano i calcoli di Movimprese elaborati da Unioncamere e InfoCamere sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio. Consegnali incoraggianti dal settori delle costruzioni, con 13.541 imprese in più rispetto al 2022 (+1,62%) sull’onda lunga dell’effetto bonus e non ancora condizionata negativamente dalle nuove norme sulle agevolazioni edilizie e positivamente dalle commesse del Pnrr. Bene anche il turismo, in particolare bar e ristoranti e bed& breakfast, con 3.380 attività di alloggio aggiuntive (+5,13%), e le iniziative professionali, scientifiche e tecniche che registrano un aumento significativo di 11 mila imprese (la consulenza aziendale e amministrativo-gestionale ha visto aggiungere oltre 6 mila attività con +8%). Oltre il 70% del saldo positivo dell’anno scorso si concentra in queste tre macro aree.
Per contro, il rapporto Unioncamere fa i conti con i settori più tradizionali che continuano a segnalare un restringimento della platea delle imprese. «Per il commercio, il 2023 si è chiuso con una riduzione complessiva di 8.653 attività (-0,6% su base annua) ma, approfondendo l’analisi dei dati, si rileva come il processo di selezione in questo settore abbia riguardato essenzialmente il commercio al dettaglio che nel 2023 ha perso quasi 7.700 unità. Nell’agricoltura, il bilancio di fine anno evidenzia una riduzione complessiva di 7.546 imprese (-1,05%) mentre la manifattura presenta una perdita complessiva di 2.962 imprese (-0,56%). Una performance per quest’ultimo settore che tocca tutti comparti con la sola eccezione delle imprese di riparazione, manutenzione e installazione di macchine e apparecchiature (+1.137 unità), accompagnata da una sostanziale stabilità delle industrie di cantieristica navale, aerospaziale e ferro-tramviaria (+56), delle bevande (+37)».
«Poter contare su 42mila imprese in più alla fine di quest’anno, vissuto all’insegna dell’incertezza, mi sembra un buon risultato», commenta il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. «I settori un cui si concentra la crescita maggiore erano in gran parte prevedibili. Soprattutto l’incremento del turismo, in virtù della ripresa post pandemica, e delle attività di consulenza aziendale, e, più in generale, delle attività professionali, scientifiche e tecniche, caratterizzate dalla presenza di capitale umano qualificato, capaci di contribuire in misura importante allo sviluppo».
«Guardando al territorio, i dati indicano in crescita il tessuto imprenditoriale di tutte le quattro aree geografiche», continua il report: «Con le sue 14.948 imprese in più, il Mezzogiorno ha determinato più di un terzo dell’intero saldo annuale, staccando il Nord-Ovest (+11.210) e il Centro (+10.626). Bilancio imprenditoriale attivo per diciassette delle venti regioni italiane. In termini assoluti, meglio di tutte hanno fatto la Lombardia (10.562 imprese in più), il Lazio (+9.710) e la Campania (+6.351). Il Lazio (+1,59%) registra invece la crescita più sostenuta in termini relativi; seguono la Lombardia (+1,12%) e la Campania (+1,04%)».