di Paolo Gubitta *
“No Purpose, No Engagement”. Ovvero, se non c’è uno scopo, un obiettivo che le persone sentano proprio, non si riuscirà ad avere il meglio da loro.
È da qualche anno che questo principio aleggia nella comunità imprenditoriale e manageriale, per sintetizzare sia l’evoluzione in atto nel rapporto tra Impresa e Capitale Umano sia la ricerca di approcci e strumenti di gestione adeguati alle nuove esigenze che sono emerse nel mondo del lavoro.
Nel post pandemia da Covid-19, il tema è diventato di pubblico dominio e quasi da talk show televisivo.
Prima, settembre 2021, c’è stato il fenomeno Great Resignation (grandi dimissioni), con un crescente numero di persone che abbandonava il lavoro (e continua a farlo), pur senza avere un’alternativa concreta in mano.
Poi, estate 2022, è arrivato il Quiet Quitting (abbandono silenzioso), con maestranze un po’ meno sensibili alla sirena della retribuzione come contropartita per dare il massimo nel lavoro e più interessate alla dimensione relazionale dell’esperienza professionale.
C’è stato chi, in modo un po’ goffo e sbrigativo, ha liquidato la questione dicendo che in Italia “è tutta colpa del reddito di cittadinanza”.
Le cose stanno in modo diverso.
Tra la Great Resignation e il Quiet Quitting, a marzo 2022, c’è stato il cosiddetto Great Rethink (grande ripensamento). L’accento è sul significato che le persone danno all’esperienza lavorativa, che sintetizza la qualità delle relazioni con colleghi e colleghe nell’ambiente di lavoro (in azienda o da remoto, poco importa), gli stili di leadership adottati nell’impresa, la capacità delle figure apicali di esplicitare il “purpose” dell’impresa, di agire in modo coerente e di renderle partecipi.
Purpose: ecco la parola chiave. Le imprese che hanno colto questa esigenza si sono adoperate non solo per cambiare i processi ma anche per coinvolgere le maestranze e, come si dice in gergo, per “ingaggiarle”, “portarle a bordo”, per aumentare il loro engagement. Come farlo? Su questo fronte, ci sono già parecchi spunti, a partire dal libro “Purpose-driven Organizations” (qui in versione open access), pubblicato già nel 2019.
Tutto chiaro, ma cosa c’entra il family business?
C’entra eccome!
Alcuni studiosi hanno definito i valori di riferimento che dovrebbero guidare leader e top management team per descrivere in modo compiuto lo scopo dell’impresa e per trasferirlo alle altre persone ispirandone i comportamenti: dignità, solidarietà, pluralità, sussidiarietà, reciprocità, sostenibilità.
Sono o non sono anche i valori di riferimento delle imprese familiari italiane?
È per queste ragioni che il “No Purpose, No Engagement” è un grande occasione.
Non ci resta che passare all’azione. E anche in fretta, perché l’articolo che ha indicato i sei valori di riferimento, “Organization with Purpose“, è del 2014. Non di ieri.
*Professore ordinario di Organizzazione Aziendale all’Università di Padova