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Aziende familiari e filantropia

Otb Foundation in aiuto delle donne indiane vittime di violenza

Stanziati 100mila euro per il reinserimento sociale e lavorativo. Arianna Alessi e la collaborazione con Hothur Foundation: «Profit e no profit hanno bisogno l’uno dell’altro, oggi più che mai è importante fare filantropia con i partner giusti, essere snelli e trasparenti»
News
Pubblicato il 1 Maggio 2024
di Elena Fausta Gadeschi
Sfregiate dall’acido da uomini che non accettano un rifiuto. In India non esiste un registro completo del numero di donne ustionate da mariti, compagni, padri, fratelli violenti. Si stimano almeno 450 casi nel Paese, ma il numero effettivo potrebbe superare il migliaio. A queste vittime che spesso non hanno una casa né un lavoro con cui mantenersi ha scelto di accostarsi Otb Foundation con il progetto Victory over violence, nato dall’incontro tra Arianna Alessi, vice presidente dell’organizzazione no profit voluta da Renzo Rosso nel 2006, e Kulsum Shadab Wahab, direttrice esecutiva della Hothur Foundation. «Ci siamo conosciute lo scorso anno ai Green Awards della Camera nazionale della moda e da lì è nato subito qualcosa di magnetico – racconta Alessi, manager proveniente dal mondo della finanza e che dal 2017 segue da vicino le attività della Fondazione del polo di moda veneto, a cui fanno capo i marchi Diesel, Maison Margiela, Marni, Viktor & Rolf, Jil Sander e le aziende Staff International e Brave Kid –. Il tema della violenza sulle donne riguarda tutto il mondo, ma nei Paesi più poveri è ancora più presente. In questo caso parliamo dell’India, dove gli attacchi vengono fatti con l’acido, un’arma facilmente reperibile senza prescrizione medica e che è in grado di bruciare pelle e muscoli, e arrivare fino alle ossa. È utilizzata dagli uomini come vendetta contro donne di qualsiasi casta e qualsiasi religione, senza una logica culturale».
Il fattore scatenante è spesso il rifiuto, causato per esempio dal fatto che la donna non ha accettato una proposta di matrimonio oppure perché ha chiesto il divorzio. «Il nostro obiettivo – prosegue – non è solo quello di riportare alla normalità le vite delle vittime di attacchi con l’acido, ma anche di renderle più forti di prima e di riconoscere che non sono vittime ma sopravvissute. Quando ho ascoltato il racconto di Kulsum non ho potuto che supportare la sua organizzazione, che si occupa di operare queste donne – ci vogliono decine di interventi chirurgici– per dare una forma al loro viso e quindi una nuova identità».
Il progetto prevede lo stanziamento di 100mila euro, di cui 80mila destinati alle donne e 20mila alle famiglie, in particolare, i figli per il loro reinserimento sociale e lavorativo. In India, infatti, essere vittima di acido è un disonore, un’onta gravosa che porta le famiglie di origine ad allontanarsi. La Houthur Foundation accoglie donne e figli in una cittadella che consente loro di ricostruirsi una vita, apprendendo una professione e diventando economicamente indipendenti. «Una realtà vera e concreta, sostenibile, che garantisce la rendicontazione di quante persone vengono aiutate» sottolinea Alessi che, forte della sua esperienza finanziaria, applica al no profit le regole del profit. «Come Fondazione Otb sosteniamo solo realtà che rispettano criteri precisi di concretezza, sostenibilità e impatto sociale diretto. I nostri partner devono anche darci garanzia di essere in grado di rendicontare esattamente le spese sostenute e le persone che si vanno ad aiutare. Non è vero che non si può fare. Il nostro compito è quello di aiutare le organizzazioni con cui collaboriamo a strutturarsi, creando una sorta di conto economico che deve dare evidenza di dove vengono spesi i soldi.
«D’altro canto come Fondazione di un’impresa bisogna essere il più snelli possibili, evitando gli alti costi di gestione – prosegue –. Nel nostro team siamo tre donne con formazione economica  e non è un caso perché dobbiamo saper leggere un bilancio, capire e supportare le varie realtà che incontriamo a fare un conto economico. In questo modo aiutiamo le stesse onlus a gestire meglio i loro fondi e a presentarsi in modo più trasparente anche ai donatori. Noi verifichiamo che non ci siano sprechi. Con orgoglio possiamo dire che il 60% dei nostri fondi sono del Gruppo, mentre il 40% arrivano da esterni. Profit e no profit viaggiano insieme, come pubblico e privato che hanno bisogno l’uno dell’altro. Oggi più che mai è importante fare filantropia con i partner giusti e a noi è riconosciuta questa serietà».

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