di Maria Elena Viggiano
«Il Pnrr non sono solo soldi ma un nuovo metodo per l’Italia per spendere in modo più veloce ed efficiente»: Marco Leonardi, professore ordinario di Economia politica all’Università Statale di Milano parla del suo libro «Partita doppia», edito da Egea. Un volume che racconta «come è nato il Piano nazionale di ripresa e resilienza, quali sono stati i principali problemi, il ruolo dei tecnici e come implementarlo ma, soprattutto, i tre errori principali da evitare». Un excursus su quanto accaduto e una sollecitazione a non perdere i finanziamenti. Inoltre lo sguardo è anche da una prospettiva di chi conosce i meccanismi della Pubblica amministrazione. Leonardi, infatti, dal 2015 ha lavorato per quattro governi italiani come consigliere economico ed è stato capo dipartimento alla programmazione economica del governo Draghi.
Parlando del libro, sottolinea: «Il Pnrr è un successo politico importantissimo anche per il futuro. È un unicuum, una misura molto innovativa perché prima era difficile avere dei soldi dall’Unione europea». La pandemia ha creato delle condizioni tali che prima il governo Conte II e poi il governo Draghi hanno lavorato all’implementazione del Pnrr, un programma straordinario di investimenti e riforme. Un cambiamento strutturale nel funzionamento della PA in grado di rilanciare la spesa in investimenti.
Il pericolo, però, è di sprecare questa occasione e commettere degli sbagli che possano inficiare l’efficacia delle misure. Leonardi individua tre errori fondamentali. «Il primo è interrompere la continuità amministrativa»: è prassi che quando cambiano i governi, cambiano anche i ministri e invece sarebbe necessario «garantire una continuità per favorire il piano degli investimenti». Continua Leonardi: «Il secondo errore è considerare il Pnrr come un bancomat, è un piano con un crono-programma preciso a cui bisogna attenersi il più possibile. Infine, il terzo errore è continuare a parlare di una revisione del piano senza fare nuove proposte».
Insomma, le questioni aperte sono molteplici, «per adesso ha funzionato portando a un miglioramento della Pubblica amministrazione, considerata l’attenzione della politica al tema c’è stato un maggiore impegno a seguire questi investimenti». Il rischio, altrimenti, potrebbe essere quello di non riuscire a spendere come spesso succede per i fondi europei o il fondo di coesione: «Spendiamo i fondi europei al 90% anche perché le procedure sono complicate». Proprio per evitare questa situazione, il Pnrr «semplifica le procedure, offre la possibilità di assumere nuovo personale e di accedere agli strumenti finanziari. Anche in termini di governance c’è maggiore attenzione politica, oltre alla rendicontazione e al controllo dei dati». Il rischio però è che se «l’attuale governo commette degli errori, mettendo in discussione i presupposti, si perdono i finanziamenti».