Se c’è un fondo di private equitiy nel capitale, l’impresa risulta più virtuosa in termini di sostenibilità, sensibilità nella transazione energetica e attenzione alla diversity. Con vantaggi anche sui risultati di gestione. Tutto questo grazie alle pressioni degli azionisti sul management. Sono i risultati di una ricerca globale di Boston Consulting Group (Bcg) su dati dell’Esg Data Convergence Initiative (Edci) e casi-studio di operatori: i valori analizzati riguardano circa 6.200 aziende private detenute da oltre 260 società di private equity in tutto il mondo. Con grandi differenze geografiche: in Europa le aziende ricavano in media il 22% della propria energia da fonti rinnovabili, contro appena l’1% del Nord America.
Il settore del private equity si sta rivelando così un attore chiave nella transizione verso la sostenibilità: con oltre 8.700 miliardi di
dollari di asset in gestione, cresce l’influenza del settore sui temi ambientali e sociali. I progressi più significativi sono stati registrati in aree come l’adozione di energie rinnovabili e la diversità di genere ai vertici delle aziende in portafoglio.
Come evidenzia il rapporto annuale “Sustainability in Private Equity”, di Bcg (grande firma nella consulenza strategica con 30 mila professionisti in 50 Paesi, con sedi a Milano e Roma) le aspettative degli investitori stanno accelerando questo cambiamento, con un orientamento verso risultati tangibili in ambito Esg (Environmental, social, governance) e nella loro integrazione nelle strategie di investimento da parte degli asset manager. «La crescente attenzione alla sostenibilità non è solo una risposta alle sfide ambientali, ma anche un riflesso delle nuove priorità degli investitori. Le aziende capaci di gestire efficacemente i temi di sostenibilità possono ottenere valutazioni più elevate e non è un caso che il 40% abbia già destinato fondi specifici per investimenti climatici», spiega Elisa Crotti, managing director e partner di Bcg.
Sostenibilità e Net Zero: il divario tra ambizione e realtà
Eppure, il cammino verso il Net Zero rimane irto di ostacoli: solo il 22% delle aziende private partecipate da fondi di private equity ha una strategia di de-carbonizzazione, contro il 29% delle aziende quotate. Laddove queste strategie sono presenti i risultati si raggiungono più rapidamente: le imprese private stanno riducendo le emissioni a un ritmo significativamente superiore rispetto a quelle pubbliche.
L’adozione di energie rinnovabili è un esempio emblematico. Tra le aziende private analizzate, l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili è salito nel 2023, portando la quota mediana al 30%, rispetto al 28% dell’anno precedente.
Inoltre, promette bene la riduzione del divario tra aziende private e pubbliche nell’adozione di questo tipo di energia. La percentuale di imprese private che hanno incrementato l’utilizzo di energia rinnovabile di almeno il 25% è aumentata rispetto allo scorso anno (2%), raggiungendo il 12%, rispetto al 6% delle aziende pubbliche nello stesso periodo.
A livello geografico permangono forti disparità: le società private del Nord America sono ancora molto indietro rispetto alle loro controparti europee. In media, le aziende europee (contando anche quelle che non utilizzano affatto le fonti rinnovabili) ricavano il 22% della propria energia da fonti rinnovabili, contro appena l’1% del Nord America, che lo scorso anno ha registrato addirittura uno 0%.
Diversità e lavoro: una marcia in più per il private equity
La sostenibilità non si ferma all’ambiente: il rapporto di Bcg evidenzia progressi significativi anche sul fronte sociale. Il 77% delle aziende partecipate ha oggi almeno una donna nella leadership, contro il 64% delle società pubbliche. Tuttavia, il divario nei consigli di amministrazione resta evidente (61% contro 89%).
Il private equity si distingue anche nella creazione di posti di lavoro: nonostante gli impatti delle pressioni economiche globali sul mercato del lavoro, nel 2023 le aziende private hanno generato quattro nuovi assunti ogni 100 dipendenti, contro uno solo tra le aziende pubbliche.
Una chiamata all’azione per il futuro
Il private equity si trova a un punto cruciale del percorso verso la sostenibilità: la sua integrazione nelle strategie aziendali non è più solo un’opzione, ma una necessità per creare valore e mantenere la competitività. Man mano che le iniziative di sostenibilità all’interno del settore continuano a maturare, una migliore raccolta e trasparenza dei dati consentirà di ottenere informazioni preziose per gli allocatori, i gestori e le società in portafoglio, che potranno massimizzare il proprio impatto e trasformare la sostenibilità in un vantaggio competitivo.